Riso e acqua all’arsenico, pesticidi nel basilico e nel prezzemolo, uretano nei distillati di frutta, steroidi e antibiotici nella carne. In realtà i campioni positivi sono pochi, sempre meno dal 2009 a oggi, ma le sostanze pericolose che rischiano di finire sulle nostre tavole sono centinaia e capita a tutti di scrutare con qualche preoccupazione il piatto con quel risottino che: “Non ti sembra abbia un sapore un po’ strano?”
Sia chiaro, non c’è nessun allarme nel Report 2015 pubblicato dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che monitora annualmente i livelli di sostanze chimiche nel cibo consumato all’interno della comunità. Circa 80mila i campioni testati nel 2013, fra i quali 55mila prodotti di origine europea (un quinto sono italiani) per rintracciare la presenza di 685 pesticidi. E se il 97% risulta entro i limiti di legge, la lista dei “cattivi” (con più di un campione oltre il limite) comprende anche spinaci, rape, ortaggi a foglia, piselli, peperoni e pomodori. Sorvegliati speciali tè, pepe e fagioli, risultati oltre il limite per più di un contaminante rispettivamente in 83, 46 e 32 campioni.
Non si salva del tutto nemmeno il cibo biologico: residui di antiparassitari, pur nei limiti di legge, sono stati rilevati nel 15,5% dei prodotti biologici (717 dei 4.620 campioni analizzati), mentre lo 0,8% supera i livelli consentiti.
La novità è che nel Rapporto 2015 la Commissione europea ha chiesto all’Efsa di includere anche i risultati delle raccolte di dati sulla presenza di arsenico in alimenti e acque potabili e di etilcarbammato nelle bevande alcoliche.
Per l’arsenico, inquinante ambientale residuo di attività umane maggiormente tossico se inorganico, le stime di esposizione alimentare sono inferiori al 2009, ma per neonati e bambini il rischio è più elevato, perché aumenta con il ridursi del peso corporeo. Sul banco degli imputati il principale accusato è il riso, e in particolare proprio il riso integrale, universalmente indicato come il più salutare, e che invece contiene tra i più alti livelli di arsenico. Nel Rapporto compaiono anche indicazioni di lavaggio e cottura per ridurre i livelli di arsenico (risciacquo a fondo e bollitura in molta acqua) con la curiosa preoccupazione che purtroppo tale trattamento rovina la paella spagnola e il risotto italiano. Quasi assolti invece il pesce e i frutti di mare: il nuovo studio mostra che contengono soprattutto il meno nocivo arsenico biologico.
Infine parliamo del carbammato di etile, noto anche come uretano, che si nasconde in vino, birra e alcolici, in particolare nei distillati a base di frutta a nocciolo (soprattutto prugne, ciliegie e albicocche). Anche qui i campioni si mantengono al di sotto dei limiti per oltre l’80% e la tendenza rispetto al 2012 è di una moderata riduzione. Il Rapporto conclude sottolineando che l’attenzione su questo contaminante è discontinua, forse perché i consumatori più a rischio sono i forti bevitori di un particolare tipo di bevande alcoliche. E l’alcool assunto in grande quantità è anch’esso tossico.
Riferimenti: Chemicals in foods 2015, Efsa
Credits immagine: Alessandro Vecchi/Wikimedia Commons CC
Questo articolo è stato prodotto in collaborazione con il Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della scienza dell’Università di Ferrara