È una risorsa preziosa e un diritto imprescindibile dell’essere umano, e in quanto tale deve essere protetta e garantita a tutti. È quanto sostiene il Forum italiano dei movimenti per l’acqua che, in occasione del 20 marzo, Giornata Mondiale dell’Acqua, ha indetto una manifestazione nazionale contro la privatizzazione di questo bene nel nostro paese. In particolare contro il Decreto Ronchi, approvato con una mozione di fiducia alla fine dello scorso anno, e con l’intenzione di chiedere un referendum. Paolo Carsetti, segretario del Forum, racconta a Galileo cosa sta succedendo e perché domani scenderanno in piazza oltre cento tra associazioni, gruppi, reti di movimenti, liste civiche e partiti.
Paolo Carsetti, qual è la situazione attuale del servizio idrico in Italia?
“Al momento il 95 per cento della popolazione è servita da società per azioni. Di queste appena poco più della metà è a carattere totalmente pubblico – le cosiddette gestioni ‘in house’. Questo vuol dire che circa il 40 per cento della popolazione è servita da S.p.a. miste pubblico/privato o totalmente private. È così dalla fine degli anni Novanta”.
Cosa prevede invece il decreto Ronchi recentemente approvato?
“Il decreto ha sancito di fatto la totale privatizzazione. Infatti prevede che tutta le S.p.a. a carattere pubblico, entro il 31 dicembre del 2011 cedano almeno il 40 per cento del capitale a soggetti privati o che indicano in gare per il servizio di gestione. Inoltre le società quotate in borsa dovranno mettere sul mercato, entro il 2015, una quota rilevante del pacchetto azionario, pari al 20 per cento. Per le gestioni miste, a carattere sia pubblico sia privato, questo vuol dire che la quota in mano all’ente pubblico dovrà scendere da poco più del 50 per cento al 40 per cento entro il 2013 e al 30 per cento entro il 2015. Ci sarà quindi una definitiva mercificazione dell’acqua, che sarà trattata alla stregua degli altri servizi messi sul mercato”.
Questo cosa comporterà?
“Fino ad oggi la privatizzazione ha sempre significato un aumento delle tariffe e nessun miglioramento del servizio. Anzi. Esemplificativo è quanto accaduto a Firenze, dove nella gestione (pubblica/privata) è entrata ‘azienda Publiacqua (della famiglia Acea, la stessa aziende che a Roma e nel Lazio è percepita come pubblica). Nel 2007, in seguito alla campagna per il risparmio dell’acqua ‘Salva la goccia’ sponsorizzata dalla stessa Publiacqua, è stata registrata un diminuzione nei consumi pari a nove milioni di metri cubi. Un fatto positivo se non fosse che a questo è conseguito un calo nei ricavi, cui l’azienda ha risposto con un aumento delle bollette del 9 per cento”.
Alcuni dicono, però, che permettendo ai privati di entrare nelle gestioni si potrebbe migliorare il servizio…
“Da anni si sa che la rete idrica italiana è piena di falle e che lungo il percorso si perde il 30-35 per cento dell’acqua. Ma questa inefficienza non è mai stata affrontata dai gestori privati entrati nel mercato negli ultimi anni, mentre sono lievitate le bollette. A Frosinone (in provincia di Roma, ndr.), per esempio, l’arrivo dell’Acea Ato 5 non ha cambiato il fatto che la città ha i peggiori impianti di depurazione in Italia. E a Latina, non appena la multinazionale francese Veolia è stata coinvolta nella gestione dell’acqua, i costi per i cittadini sono aumentati anche del 300 per cento. Ancora, ad Agrigento, la Girgenti Italia non riesce comunque a garantisce l’acqua corrente a tutti durante il giorno”.
Cosa proponete voi?
“Abbiamo scritto una legge di iniziativa popolare nella quale chiediamo che l’acqua torni a essere gestita in maniera completamente pubblica e che venga eliminato il sistema di gestione attraverso società per azioni, che siano esse pubbliche, private o miste. La legge che proponiamo prevede inoltre la partecipazione a diversi livelli decisionali di rappresentanti della comunità locale – associazioni di consumatori, associazioni di cittadini. Questo, oltre a riportare in sede decisionale le esigenze degli utenti, garantirebbe una forma di controllo e di trasparenza della gestione”.
A che punto è l’iter?
“Nel 2007 abbiamo raccolto oltre 400mila firme necessarie per portare la legge in Parlamento. Era stato avviato un confronto, ma con il cambio di governo il processo si è rallentato e la nostra proposta è finita in un cassetto”.
E adesso?
Sabato, in occasione della manifestazione, lanceremo la raccolta firme per indire un referendum con tre quesiti che avrà come slogan “Fuori l’acqua del mercato e fuori i profitti dall’acqua”. Nel primo quesito infatti chiederemo l’abrogazione del decreto Ronchi, negli altri due quella di altrettanti articoli del decreto ambientale del 2006: il 152, che prevede la gestione attraverso S.p.a. pubbliche, private o miste, e il 154, che prevede che una percentuale prestabilita della nostra bolletta vada a coprire gli investimenti del gestore del servizio.