Oltre 5 miliardi di euro di aiuti “gonfiati”. Sono quelli rendicontati dai paesi dell’Unione Europea come aiuti allo sviluppo, ma che invece si riferiscono alla cancellazione del debito e al sostegno degli studenti e dei rifugiati nei paesi donatori. Voci che non andrebbero inquadrate nella lotta alla povertà, denuncia il quinto rapporto Aidwatch presentato ieri in contemporanea in tutta Europa (qui la sintesi in italiano). Curato dalla Confederazione europea Concord, che include 1.600 ong del settore dell’emergenza e dello sviluppo, il report “Sfida all’aiuto-egoista: allenare l’aiuto europeo alla lotta contro la povertà” mette in evidenza come non solo questo proceda a rilento, ma sia anche orientato in base agli interesse dei singoli paesi.
Le cifre ufficiali per il 2010 includono 2,5 miliardi di cancellazione del debito, 1,6 miliardi per borse di studio e 1,1 per i rifugiati. Totale: 5,1 miliardi di euro di aiuti “gonfiati”, pari al 10 per cento degli aiuti complessivi. Queste categorie, spiega Aidwatch, non corrispondono a un reale trasferimento di risorse ai paesi partner e non andrebbero inserite nella voce aiuti allo sviluppo. Ma il rapporto mette in evidenza anche un altro dato: in base alle attuali tendenze, l’Europa non raggiungerà l’obiettivo dello 0,7 per cento del Pil di aiuto allo sviluppo entro il 2015 e si dovrà accontentare di un deludente 0,45 per cento.
Pur essendo l’Unione il maggior donatore al mondo, nel 2010 solo nove paesi membri hanno raggiunto gli obiettivi che si erano posti. Questa analisi è basata sui dati pubblicati in aprile dall’Ocse, che mostrano un aiuto europeo pari a quasi 55 miliardi di euro (0,43 per cento del Pil), con un ammanco di 15 miliardi. I maggiori responsabili di questo scarto sono Francia e Germania, che realizzeranno solo il 60 per cento degli impegni presi entro il 2015, l’Austria, che resterà intorno a un modesto 0,32, e l’Italia, che da sola è responsabile dell’ammanco per il 38 per cento. Nel 2010, infatti, il rapporto tra aiuti allo sviluppo e Pil del nostro paese è sceso dallo 0,16 del 2009 allo 0,15 per cento, una differenza rispetto all’obiettivo di aiuto europeo pari a 5,4 miliardi di euro.
Ma non è tutto. I governi sono sempre più concentrati sulla sicurezza interna e sugli interessi commerciali, perdendo di vista la lotta alla povertà. Per esempio, mentre l’Ocse classifica almeno 44 paesi come fragili, nel rapporto si legge che più del 30 per cento di tutto l’aiuto allo sviluppo dal 2002 è andato solo a tre paesi: Iraq, Afghanistan e Pakistan. Rischiano di restare a secco proprio quelli più poveri, come Sierra Leone, Eritrea, Laos, Malawi. In pericolo anche gli interventi lunghi e complessi a vantaggio di risultati immediati, con scarsa considerazione dei bisogni effettivi e della lotta alla povertà.
Cosa fare allora? Il rapporto chiede più fondi a sostegno della società civile e più trasparenza. La maggior parte dei paesi Ue non ha strategie specifiche per sostenere l’empowerment femminile, per esempio, e nessuno pubblica sistematicamente le informazioni necessarie per gli aiuti. Inoltre, Concord chiede all’Ue di adottare una tassa europea sulle transazioni finanziarie (Ftt) che si andrebbe ad aggiungere alle altre forme di finanziamento dell’aiuto allo sviluppo già in vigore in alcuni stati membri (tasse sui biglietti aerei, vendite all’asta di quote di emissione di gas serra, lotterie nazionali). All’Italia, invece, le ong nostrane chiedono la nomina di un sottosegretario con esclusivo mandato alla Cooperazione allo sviluppo, maggior coinvolgimento e snellimento delle procedure delle organizzazioni, sviluppo di un piano vincolante di riallineamento degli aiuti allo sviluppo e maggiore trasparenza, con la pubblicazione su Internet di tutti i documenti.
Riferimenti: V Rapporto Aidwatch – “Sfida all’aiuto-egoista: allenare l’aiuto europeo alla lotta contro la povertà“