Non servono a produrre energia per l’organismo e non ci fanno diventare più alti; ne bastano pochi, generalmente in quantità inferiori al grammo giornaliero; possono essere assunti unicamente tramite la dieta, prevengono molte malattie, e il mondo non ne consuma abbastanza. Stiamo parlando dei micronutrienti: la malnutrizione per carenza di micronutrienti nel mondo è un problema noto ed esteso, ma alle domande “quanto?”, “in quale paese?” e “per chi?” ancora non sappiamo rispondere dettagliatamente: secondo un nuovo studio pubblicato su The Lancet e condotto da un team di ricercatori guidato da Christopher D. Golden, docente all’università di Harvard, sulla malnutrizione per carenza di micronutrienti “si hanno ancora informazioni insufficienti”. Così, questi ricercatori hanno messo a punto un “nuovo metodo, replicabile e accessibile, per stimare le insufficienze nell’assunzione di micronutrienti a livello globale”.
I principali gap di informazione
Sappiamo che più di 5 miliardi di persone non consumano abbastanza iodio, vitamina E e calcio, e che più di 4 miliardi non consumano abbastanza ferro, riboflavina, folato e vitamina C. Sappiamo anche che 1 su 2 bambini al di sotto dei 5 anni ha carenze di ferro, zinco e vitamina A; e che 1 su 3 donne tra i 15 e i 45 è carente in ferro, zinco e folato. Ma “per un ampio spettro di micronutrienti non esistono stime globali”, soprattutto per donne e bambini, dicono i ricercatori. Servono nuovi strumenti per comprendere le specificità al livello di subpopolazioni – uomini e donne, adulti e bambini, fasce d’età e genere – e regioni geografiche.
Calcolare la carenza di micronutrienti
I metodi esistenti per quantificare globalmente la carenza di micronutrienti hanno diversi limiti. Il GBD – Global Burden of Diseases, Injuries, and Risk Factors Study -, basato sul campionamento delle catene di approvvigionamento alimentare, fornisce dati per 195 paesi, ma studia solo 4 dei 29 micronutrienti ritenuti essenziali; il secondo metodo, il GDD – Global dietary database – si basa sull’utilizzo di marcatori molecolari specifici – secondo i ricercatori, “il migliore sistema per identificare carenze nutrizionali -, e l’apporto di micronutrienti è ottenuto tramite sondaggi e bilanci alimentari nazionali; l’analisi è più puntuale, e confronta le assunzioni di più di 50 alimenti in 185 paesi, ma non calcola la distribuzione di micronutrienti per fasce d’età e i fabbisogni specifici di popolazione.
Lo studio
I ricercatori hanno utilizzato i dati del GDD e di altre piattaforme per ricostruire come, in 185 paesi, 15 micronutrienti erano assunti tra il 1980 e il 2018 in 34 gruppi di popolazione divisi per genere e fascia d’età. Emergono nuovi punti di vista prima impossibili da osservare: a parità di fasce d’età e all’interno dello stesso paese, le donne consumano meno iodio, vitamina B12, ferro e selenio; per gli uomini ciò vale per magnesio, vitamina B6, zinco, vitamina C, vitamina A, tiamina e niacina. E nuovi punti di vista aprono nuove interpretazioni. Si può comporre una “mappa” globale di carenze alimentari: ora sappiamo che lo iodio è consumato adeguatamente solo in Europa e Canada; che Asia e Africa consumano poco calcio, riboflavina e vitamina B12. Oppure, stillare una classifica dei micronutrienti più o meno consumati, rispettivamente la niacina, la tiamina e il magnesio; e la vitamina E, lo iodio e il calcio.
Un problema di salute globale
Classifiche, mappe e fasce di consumo possono cambiare, ma un metodo, una volta consolidato, può rintracciare e seguire fedelmente i cambiamenti. I micronutrienti hanno noti effetti sulla nostra salute, un fenomeno di natura collettiva prima ancora che individuale: questi studi servono per tracciare meglio i progressi nel Global Nutrition Target 2, e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2.2.3 e 3.
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