Alla ricerca di modelli alternativi

Ridurre il numero di animali utilizzati per la sperimentazione in laboratorio. Oggi è una possibilità concreta, grazie anche alle opportunità offerte negli ultimi anni dall’ingegneria genetica. E proprio in questi giorni una buona notizia è arrivata da alcuni ricercatori dell’Itb, l’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio nazionale delle ricerche, guidati da Paolo Vezzoni e Maria Grazia Sacco, che hanno lavorato in collaborazione con un gruppo guidato da Marco Tripodi, all’Università di Roma “La Sapienza”. “Siamo riusciti a sviluppare una nuova tecnica che migliorerà i test in vitro già utilizzati nella sperimentazione biomedica, ovvero quelli che fanno uso di cellule in coltura invece che di animali per verificare gli effetti negativi di farmaci o altre sostanze”, spiega Vezzoni. “Normalmente le sostanze chimiche vengono sperimentate su cellule prelevate dal fegato dei topi. Il problema è che queste cellule hanno vita molto breve, ed è quindi necessario estrarne continuamente di nuove. La soluzione che abbiamo proposto fa uso di topi geneticamente modificati, le cui cellule epatiche una volta giunte a maturazione non solo non muoiono, ma mantengono inalterate le loro caratteristiche all’infinito”. L’obiettivo è stato raggiunto grazie a un gene, chiamato c-met, che inserito nelle cellule ne inibisce i processi di morte. “Questa tecnica porterebbe a una notevole riduzione degli animali sacrificati alla ricerca, ma anche a una procedura molto più semplice e, non ultimo, a una diminuzione dei costi”, conclude il ricercatore. Lo studio di metodi alternativi all’utilizzo di animali in laboratorio sta facendo progressi anche a livello europeo. E a coordinare l’unico progetto in corso è Flavia Zucco, primo ricercatore presso l’Istituto di Neurobiologia e Medicina Molecolare del Cnr di Roma. “Lo studio propone un approccio nuovo in questo settore”, spiega Zucco. “Il nostro obiettivo è una valutazione scientifica e culturale del problema, basata anche sui principi della bioetica e della quality of life. E lo raggiungeremo mettendo insieme scienziati e filosofi di tutta Europa. Non vogliamo fornire linee guida pratiche, ma elaborare un testo che affronti la complessità del problema, individuando i principali contenuti su cui dovrà indirizzarsi la ricerca.”. Il progetto è quello di rinnovare e aggiornare il modello delle “3R”, proposto nel 1959 da William Russell e Rex Burch in un libro intitolato “The principle of humane experimental technique”. I ricercatori sottolineavano l’importanza di tre obiettivi di ricerca (Replacement, Reduction e Refinement) necessari per migliorare le condizioni degli animali da laboratorio: la loro sostituzione, ove possibile, con tessuti e organi in vitro, la riduzione del numero utilizzato, e il miglioramento della loro qualità di vita.”Abbiamo analizzato tre casi, ognuno in riferimento a una delle tre R”, prosegue Zucco. “I cosmetici, dove vengono già utilizzati alcuni test alternativi su tessuti cellulari; la riduzione del numero di animali necessari per valutare l’efficacia dei vaccini, e la qualità di vita dei primati in laboratorio”. Molti sono gli spunti di riflessione su cui si stanno concentrando i ricercatori. Per esempio, una legge europea prevede che entro il 2013 venga eliminato qualsiasi tipo di sperimentazione animale per i prodotti cosmetici, che vengono definiti prodotti voluttuari, seppure includano sostanze utilizzate in grande quantità per la nostra igiene quotidiana. “L’animale, però, è un modello che riproduce al meglio la complessità del nostro organismo. È quindi importante valutare l’attendibilità che può essere attribuita a test su cellule e tessuti, proprio in riferimento alla complessità del corpo umano”, osserva Zucco.Il progetto europeo è attualmente nella sua terza fase, ovvero quella della stesura dei concetti e dei punti cruciali di discussione emersi durante i case study. “Presenteremo i primi dati a ottobre, in un convegno organizzato dalla Comunità Europea con 60 esperti di tutti i settori. Sarà un momento importante per avere i primi commenti, ma anche critiche e consigli”, conclude Flavia Zucco. “Cercheremo di concentrarci sull’importanza di finanziare questo tipo di ricerche interdisciplinari, eventualmente anche in altri settori di conflitto tra scienza e società, come gli Ogm o la clonazione. Ma soprattutto cercheremo di evidenziare come solo i continui miglioramenti nelle tecniche di ingegneria genetica esistenti possano contribuire a offrire nuove speranze per ridurre gli animali sacrificati nei laboratori. Purtroppo i finanziamenti per lo studio di metodi alternativi devono ancora affrontare una forte resistenza, data dall’idea che il modello animale sia insostituibile. Invece, in molti campi le tecnologie genetiche stanno proponendo tecniche che non solo salvaguardano la vita degli animali, ma sono anche molto più competitive”.

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