Non possiamo voltare le spalle agli animali che soffrono negli allevamenti, spesso intensivi, destinati alla nostra alimentazione. Ancora oggi, nonostante le immagini idealizzate, diffuse dalle aziende, di vacche, galline e maiali sereni su ampie distese erbose, i fatti ci mettono davanti agli occhi una realtà ben differente. Autorità, cittadini e anche alcuni allevatori se ne sono accorti, come dimostra una vasta consultazione svolta dalla Commissione Europea. L’indagine, denominata “Fitness Check” – letteralmente “Controllo dell’adeguatezza”, è stata svolta tramite questionari pubblici. Ci sono anche dei commenti raccolti nel periodo subito precedente, inviati liberamente da cittadini e organizzazioni.
Oggi, dunque, autorità e consumatori chiedono a gran voce modifiche sulle regole per il trattamento degli animali. I risultati dell’indagine saranno tenuti in considerazione dalla Commissione nell’ambito della revisione della normativa europea che avverrà entro il 2023. Ecco le principali criticità e le proposte dei cittadini.
Norme poco applicate, informazioni ridotte
Il tema benessere animale non è nuovissimo, anche se ancora in molti casi non viene posta abbastanza attenzione. La protezione degli animali è codificata a partire dal 1° gennaio 2007, quando il benessere animale è entrato ufficialmente fra i criteri obbligatori da inserire nella precedente legislazione. Tuttavia, ancora siamo lontani da una reale e diffusa applicazione di queste norme, come è emerso anche dalla consultazione Ue odierna. All’indagine hanno partecipato quasi 60mila cittadini e organizzazioni: più di 57mila sono consumatori, per lo più europei, mentre la restante parte sono organizzazioni e associazioni del mondo dell’industria, no-profit, ricercatori e autorità pubbliche.
Secondo i dati raccolti, circa i due terzi delle autorità pubbliche coinvolte (53 su 83) ritengono che le attuali norme in materia non siano facilmente applicabili. Inoltre, spesso non è chiaro il modo in cui dovrebbero essere adottate. Il 65% dei partecipanti complessivi, poi, si dichiara non sufficientemente informato sulle condizioni degli animali negli allevamenti.
Le richieste in numeri
La stragrande maggioranza dei partecipanti (il 92%) ritiene che l’attuale welfare non fornisca garanzie sufficienti a tutte le specie animali. E l’89% chiede requisiti aggiuntivi per migliorare il benessere di alcune di queste – soprattutto vacche da latte (85%) e bovini da carne (84%). Più di 8 su 10 sono favorevoli alla proibizione della mutilazione della coda dei suini, per la quale c’è già oggi un divieto puntualmente disatteso. Per il 93% si dovrebbero abbandonare le gabbie in un periodo di transizione massimo di 5 anni, mentre nell’intervista il settore agricolo preferirebbe fossero 15.
Dal trasporto alla macellazione
Altro grande argomento è quello dei trasporti. Per il 95% degli intervistati si dovrebbe introdurre una durata massima dei viaggi. Meno favorevoli, come spesso nell’indagine, i rappresentanti del mondo dell’industria: solo nel 53% dei casi sono d’accordo con questa misura. Oltre 9 cittadini su 10, poi, sostengono il divieto di esportazione verso paesi che non rientrano nell’Ue e il trasporto di vitelli non svezzati e altri animali vulnerabili, come le vacche gravide. Non ultimo, poi, il tema della macellazione. L’89% dei partecipanti ritiene che l’elettronarcosi dei polli dovrebbe essere vietata e il 94% è anche contro l’uccisione di pulcini maschi nati da un giorno. Il 93%, inoltre, chiede regole specifiche per la macellazione dei pesci allevati.
Allevamenti in numeri
Ogni anno circa 70 miliardi di animali vengono allevati per la nostra alimentazione, secondo quanto riporta Compassion in World Farming (Ciwf) Italia Onlus. In Europa circa l’80% proviene da allevamenti intensivi e si tratta di animali selezionati geneticamente per produrre di più e stipati in ambienti sovrappopolati e senza tutele. In alcuni casi c’è però la possibilità di informarsi sui metodi di allevamento, per esempio cercando specifiche etichette, un primo passo verso un consumo responsabile. Per il 90% dei partecipanti all’indagine Ue sarebbe opportuno avere sempre delle etichette, che siano anche più complete rispetto al tema del benessere animale.
Riferimenti: Consultazione “Fitness Check” della Commissione Europea