Un giorno, Stati Uniti e Cina saranno molto vicini, e non è una metafora geopolitica. Avverrà tra qualche centinaio di milioni di anni, ma l’America e l’Asia sono destinate a fondersi in un nuovo supercontinente: Amasia. E questa aggregazione si concentrerà, secondo ricercatori dell’ Università di Yale, attorno all’attuale Mar Glaciale Artico. È l’ultima previsione sul fenomeno, ciclico, di addensamento e frammentazione delle terre emerse. Nel suo studio pubblicato su Nature, Ross Mitchell propone un suo modello per descrivere le posizioni sul globo dei supercontinenti.
Per i geologi, prevedere il destino dei continenti a seguito dello smembramento di Pangea – supercontinente frammentatosi circa 250 milioni di anni fa – è come per gli astrofisici descrivere l’evoluzione dell’Universo dopo il Big Bang. La sostanziale differenza, che va a favore dei primi, riguarda l’esistenza di dati anche sui tempi precedenti all’evento di deriva. È grazie a questa documentazione che, già dagli anni Sessanta, si è scoperto che Pangea è solo l’ultimo di una serie di supercontinenti, formati e disgregati a un ritmo regolare da quando è attiva la tettonica delle placche.
Fino ad oggi, riguardo alle modalità di formazione dei supercontinenti, e in particolare di Amasia, si sono scontrati due modelli tradizionali. Secondo il primo, chiamato dell’introversione, la saldatura tra le terre avverrà grazie alla chiusura dell’Oceano Atlantico. Al contrario, i sostenitori del modello dell’estroversione ritengono che la chiusura coinvolgerà il Pacifico.
Ma per Mitchell, la risposta si trova altrove. Chiedendosi se la posizione degli aggregati continentali fosse casuale o meno, il team di Yale ha analizzato il magnetismo fossile in diverse località del pianeta, al fine di ricostruire le coordinate geografiche dei vari centri di riunione. Indagando il fenomeno del True Polar Wander (Tpw), ovvero la migrazione dell’asse di rotazione terrestre, i ricercatori hanno dimostrato che la distanza angolare tra i centri di supercontinenti successivi si è mantenuta sempre intorno a 90 gradi.
In particolare, si è visto che Rodinia, il super-continente risalente a 750 milioni di anni fa, si era formato a una distanza di 87 gradi da Pangea, suo successore; lo stesso aveva fatto Nuna (o Columbia), predecessore di Rodinia. La tendenza emersa nello studio mette in discussione, secondo Mitchell, i precedenti modelli dell’introversione e dell’estroversione, aprendo a una terza alternativa: il modello dell’ ortoversione.
Questo modello, oltre a gettar luce sulla tettonica delle placche primordiale, potrebbe svelarci parte del futuro geologico del nostro pianeta. Per esempio il luogo in cui, tra decine di milioni di anni, si formerà Amasia. Considerando infatti che molte placche continentali stanno attualmente migrando a latitudini settentrionali, seguendo un trend registrato fin dal Paleozoico, il centro di Amasia potrebbe trovarsi a 90 gradi Nord da quello di Pangea, cioè negli attuali mari boreali.
via wired.it
Credits immagine: Mitchell et al. Nature