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Anche gli scienziati gonfiano le notizie

Di alimenti miracolosi per la linea e di farmaci rivoluzionari ora per quella ora per l’altra malattia le pagine di scienza dei giornali, e non solo, sono piene. Soprattutto nei titoli. La strategia è vecchia e, in alcuni casi, funziona ancora: far cadere l’occhio sull’articolo e far leggere il pezzo. Venderlo. Sensazionalismo da giornale e, per proprietà transitiva, dei giornalisti, che cercano di mostrare – per fortuna solo a volte – tutto e solo il bene di una cura o di una scoperta. Spacciando per pietre miliari quelli che in realtà non sono che piccoli, sebbene fondamentali, passi avanti della ricerca.

Ma gli strilli e gli entusiasmi da giornale non sarebbero tutta e solo colpa del cattivo giornalismo. Perché spesso sono gli stessi scienziati a gridare al miracolo e alla scoperta del secolo, o a presentare in modo parziale le loro ricerche. È quanto emerge da una ricerca pubblicata su PLoS Medicine che ha tracciato il percorso del sensazionalismo nella diffusione delle scoperte scientifiche. Risalendo così fino ai ricercatori stessi.

Per capire chi avesse o meno un ruolo di primo piano lungo la catena scienziati-ufficio stampa- giornali, i ricercatori capeggiati da Isabelle Boutron della Université Paris Descartes hanno esaminato 41 paper scientifici di trial clinici, le corrispettive press release e notizie. Come strumento per misurare il sensazionalismo, gli scienziati hanno studiato il linguaggio di studi, press release e pezzi contando quante volte veniva utilizzato lo spin, termine con cui si identifica una strategia di riportare fatti o risultati di un trattamento sottolineandone gli aspetti positivi. Intenzionale o meno che sia. 

I ricercatori hanno scoperto così che il sensazionalismo dei giornali non è altro che la conseguenza di quello degli scienziati stessi. Come scrive Scientific American, infatti, è vero sì che la metà delle news uscite in riferimento agli studi contenevano lo spin, ma le stesse press release ne avevano un’alta percentuale e, a loro volta gli studi correlati. Nello specifico il 47% delle press release conteneva lo spin e il 40% degli abstract degli studi. Inoltre, quando i paper apparivano più neutrali, solo il 17% delle news assumeva un tono sensazionalistico, per la maggior parte dei casi (i tre quarti) riconducibile a quello con cui le press release avevano fatto da tramite tra scienziati e giornali. D’altra parte è anche vero che nei casi in cui le press contenevano lo spin nella grande maggioranza era stato ereditato (per il 93% era presente anche negli abstract correlati).

I risultati, sebbene non sollevino i giornalisti dalle proprie responsabilità e doveri professionali, sottolineano quindi come gli scienziati non siano del tutto estranei al sensazionalismo assunto da alcune scoperte diffuse dai media. Per esempio, quando scelgono di soffermarsi più su un aspetto del loro lavoro, magari minimo, sottolineandone l’importanza, piuttosto che considerare tutti i loro risultati, anche quelli non significativi, contribuiscono anche loro a montare una notizia.

Pur sottolineando i limiti dello studio – pochi i paper analizzati e solo di trial clinici randomizzati controllati – i ricercatori capeggiati da Boutron fanno notare come, oltre agli scienziati e ai giornalisti, anche gli editori e i revisori dei paper abbiano una grande responsabilità nella corretta presentazione dei risultati di una scoperta. Perché l’interpretazione sbagliata di un dato, o la sua montatura, passa anche da loro prima di arrivare ai lettori.

Via: Wired.it

Credits immagine: jepoirrier/Flickr

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