Quasi incredibile, ma – pare – vero: le foglie parlano. Prima di morire staccandosi dalla pianta, le foglie più anziane tramandano alle più giovani la loro “esperienza” del mondo. Una specie di testamento che permette ai virgulti di nascere già adattati all’ambiente che li attende. Certo si tratta di un linguaggio silenzioso, fatto di molecole chimiche. Ma perfettamente in grado di comunicare informazioni sull’ambiente esterno, come la concentrazione di anidride carbonica o la luminosità. Così, le giovani eredi possono regolare in anticipo la concentrazione dei pori per la traspirazione sulla loro superficie.
La scoperta, pubblicata su Nature, è il frutto di un esperimento condotto dai ricercatori del Dipartimento di zoologia e botanica della Sheffield University, in Gran Bretagna. Un precedente studio, condotto da Julie E. Gray – ricercatrice sempre dell’università britannica – e pubblicato sul numero di dicembre sempre della rivista inglese, aveva già rivelato le componenti genetiche che regolano l’adattamento del numero dei pori alle condizioni atmosferiche.
Ma questa volta, ciò che davvero incuriosiva i ricercatori era come facessero le foglie nascenti a sapere in anticipo quanti pori predisporre alla traspirazione. Perché non c’è un adattamento progressivo nel numero dei recettori man mano che la foglia cresce. Quelle più giovani nascono già pronte all’uso.
Ipotesi fatta e presto dimostrata: qualcuno comunica alle giovani escrescenze come comportarsi. E chi se non le foglie più anziane? Così i ricercatori hanno esaminato delle piante di Arabidopsis thaliana, isolando con apposite coperture le foglie giovani da quelle più anziane. Le più giovani venivano sottoposte a una bassa concentrazione di anidride carbonica, mentre le più vecchie “respiravano” alte concentrazioni. Risultato: i virgulti sviluppavano un numero di pori adeguato alle alte concentrazioni di anidride carbonica.
Invertendo la situazione sperimentale – foglie giovani esposte ad alte concentrazioni di anidride carbonica e foglie vecchie esposte a basse concentrazioni – viene confermato ancora una volta che le neonate foglie si adattano all’ambiente in cui vivono le più anziane.
“Questa è la prima dimostrazione di una comunicazione tra foglie giovani e anziane in risposta alle condizioni atmosferiche”, commenta Janice A. Lake, responsabile della ricerca, “ma ci troviamo davanti a un mistero ancora più grande: come avviene questa comunicazione. Sappiamo per certo che si tratti di un dispositivo biochimico. Ma il suo funzionamento rimane ancora tutto da spiegare”.
“Sarebbe interessante capire”, prosegue Lake, “come la comunicazione data dalle foglie più anziane intervenga sulle componenti genetiche che regolano la formazione dei pori nelle foglie giovani”. Perché una volta che tutti gli elementi del processo saranno noti, il meccanismo potrebbe essere sfruttato per applicazioni piuttosto interessanti. Si potrebbe per esempio pensare di manipolare la pianta al fine di renderla più efficiente nella sua funzione di traspirazione e di farle assorbire più anidride carbonica ripulendo l’atmosfera. In altre parole, volgere a vantaggio di un’atmosfera inquinata la normale funzione di fotosintesi clorofilliana assolta dalle piante.
“Per il momento”, spiega Lake, “ci sono ancora troppe variabili ignote. Il numero dei pori distribuiti sulla superficie delle foglie, infatti, risponde anche alla luminosità, alla temperatura e ai fattori nutritivi del terreno. Ma questo, potrebbe essere il futuro della nostra ricerca”.