Indagare nei manoscritti medievali anglosassoni per trovare ricette farmacologiche efficaci contro i batteri resistenti moderni, grazie a una collaborazione inedita tra la medicina e le discipline umanistiche. È questo lo scopo di AncientBiotics, un progetto nato all’Università di Nottingham da un’idea di Christina Lee, professoressa associata di studi vichinghi, e della microbiologa Freya Harrison dell’Università di Warwick.
L’idea nasce qualche anno fa. Già nel 2015 – come riporta la CNN – il team aveva dimostrato l’efficacia del Bald’s eyesalve, un unguento oftalmico prodotto seguendo le istruzioni contenute in un manoscritto medievale conservato presso la British Library, il Bald’s leechbook, contro lo stafilococco aureo meticillino-resistente (MRSA). Ma i volumi candidati a essere indagati sono molti. E ora l’attenzione delle ricercatrici si è spostata sulla traduzione in antico anglo-sassone di un manoscritto di origine italiana, il Lilium Medicinae, ritenuto il manifesto della Scuola medica di Salerno.
“Lavorare con gli scienziati è stata un’esperienza positiva – racconta Lee a Galileo – in un dialogo continuo”. Ma per lavorare insieme, umanisti e scienziati hanno dovuto trovare un linguaggio comune. Una non sempre semplice interazione che tuttavia ha consentito a Lee, con l’aiuto dei microbiologi dell’università, di ricreare il farmaco usato nel decimo secolo per combattere le infezioni dell’occhio. L’efficacia del Bald’s eyesalve è stata poi testata su topi infetti da ricercatori della Texas Tech University. I risultati della sperimentazione, sorprendentemente positiva, potrebbero portare nuove speranze anche alla ricerca contro l’antibiotico-resistenza.
Il problema del resto è grave, e affrontarlo richiede di seguire tutte le strade percorribili, anche quelle tracciate nei volumi antichi. Per quanto riguarda l’Europa, secondo l’ultimo rapporto del Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (ECDC), circa 3,2 milioni di persone contraggono infezioni durante i ricoveri ospedalieri nel territorio dell’Unione. La situazione italiana, invece, è descritta dai dati del Sistema di sorveglianza dell’Istituto superiore di sanità: ogni anno si contano circa 2.000 casi di batteriemie da enterobatteri resistenti, soprattutto in pazienti over 60. Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di infezioni nosocomiche.
Ma il lavoro del team di AncientBiotics deve affrontare ostacoli diversi: in primo luogo, ricavare ricette precise da volumi scritti in inglese medievale, poi l’analisi dei dati ottenuti, che non riguarda i singoli ingredienti, ma anche il modo in cui essi si combinano tra loro e come queste combinazioni lavorano insieme. Un’ulteriore difficoltà è data da problemi di lessico storico: “in alcuni casi non sappiamo a quali piante si faccia riferimento”, spiega Lee, “in altri conosciamo solo le specie, oppure le conosciamo con un altro nome”. Perché i rimedi medievali siano riprodotti esattamente come indicato nei volumi, inoltre, occorre ricreare le stesse condizioni di lavoro: temperatura, materiali degli utensili, ingredienti. E i laboratori attuali sono molto diversi da quelli dell’epoca. La ricetta del Bald’s Eyesalve, ad esempio, prevedeva l’uso di cipolle. Ma le cipolle degli anglo-sassoni, si chiede Lee, erano identiche a quelle moderne? E quali erano le caratteristiche del vino, altro ingrediente del rimedio medievale?
Se davvero si può sperare di trovare negli antichi manoscritti una soluzione all’emergenza sanitaria delle antibiotico-resistenze è ancora presto per dirlo. AncientBiotics, conclude Lee, “può non essere la soluzione definitiva, ma al momento abbiamo poche alternative. Non tutto è scritto nel passato, ma penso che il passato possa aiutarci a trovare qualcosa di nuovo per il futuro”.