Laura Dalla Ragione, Sabrina Mencarelli
L’inganno dello specchio
Franco Angeli 2012, pp. 234, euro 31,00
I numeri sono quelli di un’epidemia: in Italia ne soffrono due milioni di persone, soprattutto ragazze, anche molto giovani. L’età fragile è quella tra i 12 e i 25 anni. Un malessere diffuso che, come spiega lo psichiatra Gustavo Pietropolli Charmet nell’introduzione “rischia di coinvolgere vittime innocenti della complessità e delle trasformazioni subentranti della nostra società”. Stiamo parlando dei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA): l’ostinato rifiuto del cibo o al contrario lo smisurato ricorso a ogni genere di pietanza fagocitato in pochi secondi senza neanche volerne avvertire il sapore. Anoressia, bulimia e alimentazione incontrollata, tutti comportamenti perseguiti con metodica perseveranza. Dalle femmine molto più che dai maschi, con un rapporto di 10 a 1.
Ma le due autrici di questo fondamentale viaggio nella sofferenza di tante adolescenti vogliono subito chiarire il ruolo che lo stile di vita dei paesi industrializzati ha nel favorire queste forme di disagio. Non possiamo considerare la civiltà moderna, il consumismo e i suoi modelli di riferimento, come i diretti responsabili del fenomeno, spiegano le autrici, possiamo però affermare che l’imposizione di un canone di bellezza “tutt’ossa” rappresenti un canale facilmente accessibile, lungo il quale si sfoga un turbamento grave e profondo. Il meccanismo è chiaro: il dogma della magrezza spinge verso la sfera alimentare un disagio che, in un differente contesto ambientale, avrebbe potuto sfociare anche in altre nevrosi.
Piuttosto che bulimiche o anoressiche, le ragazze nate fuori da Stati Uniti, Europa Canada, Australia, Nuova Zelanda, Sudafrica e Giappone o in epoche precedenti avrebbero forse sofferto di ansia, depressione, psicosi o disturbi fobici ossessivi. In parole più articolate le autrici invitano a “non confondere gli effetti patoplastici della cultura, quelli cioè che modellano la forma che prendono i sintomi, con i processi patogenici, quelli che provocano le malattie”. E’ una sorta di premessa filosofica (non a caso il libro è dedicato al filosofo della scienza Paolo Rossi), indispensabile per incanalare il ragionamento in binari rigorosamente scientifici. Insomma, a dispetto di quanto si potrebbe pensare in modo istintivo, il cibo non è all’origine del problema. C’è molto di più: la percezione del sé, la convinzione che il corpo parli della propria identità come “un foglio di carta dove scrivere e comunicare con il mondo, dove ridefinire i confini, dove compattare una identità poco coesa e reintegrare un dolore strisciante”. Il corpo è lo strumento attraverso cui cerchiamo un senso di appartenenza che in alcuni casi si fa fatica a trovare. E’ per questo che le terapie devono essere incentrate sull’immagine del proprio corpo, riflessa allo specchio oppure ripresa in un video. Queste sono le tecniche adottate con successo nei due Centri pubblici ASL2 Palazzo Francisci di Todi e Centro di Città della Pieve, strutture all’avanguardia nel trattamento dei DCA, ideate e dirette da Laura Dalla Ragione. In cima alle scale campeggia la frase di Plotino: “L’anima ha bisogno di un luogo”.