Gli antenati del bradipo erano giganti, ma non così lenti

(Illustrazione di Davide Bonadonna/Sapienza)

(Sapienza) – Un nuovo studio coordinato dal Dipartimento di Scienze della Terra della Sapienza, in collaborazione con il team di ricerca argentino del Consejo Nacional de Investigaciones Científicas y Técnicas (CONICET), fa luce su nuovi aspetti ecologici ed evolutivi del bradipo gigante. Si tratta di mammiferi vissuti in Sud America decine di migliaia di anni fa, durante il Pleistocene, capaci di superare le tre tonnellate di peso ma, allo stesso tempo, dotati di insospettabile agilità.

Il team internazionale di paleontologi ha sottoposto il cranio di un esemplare di Glossotherium robustum, uno di questi giganti pleistocenici, a una serie di indagini tomografiche coordinate da Alberto Boscaini del Conicet. L’utilizzo di queste tecnologie ha consentito ai ricercatori della Sapienza di ricostruire un modello 3D del cervello, con vasi sanguigni e nervi principali, ma anche dell’orecchio interno e di altre parti anatomiche mai osservate prima. “L’orecchio nei mammiferi – spiega Dawid A. Iurino della Sapienza – svolge un importante ruolo nel controllo dell’equilibrio e più in generale nella locomozione. Studiando i dettagli di questa parte anatomica del bradipo gigante, abbiamo osservato molte differenze con gli attuali bradipi e altrettante somiglianze con i grandi mammiferi moderni”.

Confronto dei modelli 3D degli encefali di bradipo gigante (sinistra) e di bradipo attuale (Foto: Sapienza)

I risultati dello studio, pubblicati sulle riviste The Science of Nature e Journal of Mammalian Evolution, evidenziano infatti che il livello di agilità del bradipo gigante doveva essere più simile a quello di un ippopotamo o di un rinoceronte, entrambi del peso di diverse tonnellate, ma capaci di movimenti relativamente agili.

Grazie alla ricostruzione in 3D, i ricercatori sono stati in grado di studiare la morfologia del cervello, così come il percorso dei vasi sanguigni e dei nervi cranici. Questi dati sono stati confrontati con quelli degli attuali bradipi amazzonici, mettendo in evidenza la singolare dimensione di alcuni sviluppatissimi nervi la cui funzione era quella di garantire una grande sensibilità e capacità di movimento delle labbra e della lingua. “Il bradipo pleistocenico – continua Iurino – possedeva labbra semi-prensili con le quali selezionava e afferrava la vegetazione, visto che gli arti anteriori erano dotati di unghie talmente grandi da non permettere di afferrare il cibo, ma che probabilmente si prestavano meglio allo scavo”.

Questo curioso gruppo di mammiferi è stato oggetto di attenzione dei più grandi naturalisti di tutti i tempi, da Darwin che ne trovò i fossili in Sud America a Georges Cuvier e Sir. Richard Owen, che ne descrissero i primi ritrovamenti, sino alla recente scoperta di impronte e di enormi tunnel scavati nel terreno, riconducibili a questi colossi del Pleistocene. “Molto resta da comprendere sull’evoluzione e sulle abitudini di vita di questi animali – conclude Raffaele Sardella della Sapienza – le ricerche già avviate, si avvalgono di collaborazioni internazionali e di tecnologie digitali che permetteranno di esplorare i complessi processi evolutivi che hanno modellato questi straordinari mammiferi”.

Riferimenti: Phylogenetic and functional implications of the ear region anatomy of Glossotherium robustum (Xenarthra, Mylodontidae) from the Late Pleistocene of Argentina; Boscaini, A., Iurino, D. A., Billet, G., Hautier, L., Sardella, R., Tirao, G. et al.;  The Science of Nature

Digital Cranial Endocasts of the Extinct Sloth Glossotherium robustum (Xenarthra, Mylodontidae) from the Late Pleistocene of Argentina: Description and Comparison with the Extant Sloths; Boscaini, A., Iurino, D. A., Sardella, R., Tirao, G., Gaudin, T. J., Pujos, F.; Journal of Mammalian Evolution

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