L’Onu dichiara guerra ai batteri che resistono agli antibiotici. Una resistenza diventata ormai una reale minaccia per la salute pubblica, che provoca oggi oltre 700mila morti all’anno. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha infatti indetto una riunione il 21 settembre scorso, per affrontare il preoccupante tema dell’antibiotico resistenza, ovvero del fenomeno per cui il crescente consumo di antibiotici ne pregiudica l’efficacia nel trattamento delle malattie.
È la quarta volta che le Nazioni Unite scendono in campo in modo così risoluto: finora, infatti, a passare al vaglio degli esperti erano soltanto l’Aids, le malattie non trasmissibili (come per esempio quelle cardiache) e l’ebola.
Sottolineando come la resistenza agli antibiotici sia ormai un problema globale, l’organismo internazionale ha riconosciuto che alcuni dei miracoli della medicina moderna, tra cui l’invenzione della penicillina, sono ad alto rischio di diventare inefficaci.
Il problema centrale risiederebbe nel consumo eccessivo degli antibiotici sia per umani che per animali, che hanno portato i batteri ad evolversi, imparando a difendersi dalle terapie. Basti pensare, per esempio, ai circa 9 miliardi di animali macellati ogni anno, soltanto negli Stati Uniti, che vengono trattati da anni con massicce dosi di antibiotici sia per il trattamento delle malattie che per la loro prevenzione.
In passato, diverse organizzazioni di difesa della salute pubblica hanno spinto il governo federale americano a cercare di fermare le aziende nell’abuso di farmaci, ma le istituzioni sono state spesso lente nell’agire in modo determinato.
Fortunatamente, un rapporto pubblicato questa settimana (il 20 settembre, per la precisione) da parte del Natural Resources Defense Council mostra che, solo nell’ultimo anno, il numero di catene americane di fast food che hanno adottato politiche finalizzate a ridurre l’uso di antibiotici è raddoppiato.
Attualmente, i produttori di animali da allevamento operano in modo molto diverso nei diversi paesi del mondo. Questo rende difficile per i ristoranti e per i grandi distributori alimentari, come per esempio McDonald’s, impegnarsi per eliminare gli antibiotici utilizzati su animali da macello provenienti da paesi con scarsa sorveglianza sanitaria come la Cina. Fortunatamente, sono arrivate aperture positive anche dal Dragone: a ottobre, il governo cinese ha infatti istituito una nuova legge sulla sicurezza alimentare, che prevede una più rigida supervisione sulle pratiche di produzione (anche se nulla di specifico relativo agli antibiotici).
Dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, i 193 stati membri sono pronti a firmare una dichiarazione a impegnarsi nella lotta contro la resistenza, sviluppando un sistema di regolamentazione sull’uso e la vendita degli antibiotici. I progressi compiuti dalle catene alimentari degli Stati Uniti sono soltanto un inizio, perché la chiave di volta sarà l’applicazione di norme analoghe anche all’estero.
“Non può essere la fine di una discussione”, spiega Gail Hansen, esperto di resistenza agli antibiotici, riferendosi alla pressione esercitata sui fast food americani. “Le aziende devono avere la responsabilità sociale di limitare l’uso di antibiotici anche in altri paesi”.
Via: Wired.it