L’andersonite è un minerale che si trova sulle pareti delle miniere abbandonate di uranio nel sud-ovest degli Stati Uniti e emette una strana fluorescenza nel verde. L’aburite, invece, si è generata dalla reazione dell’acqua di mare con i lingotti di stagno trasportati dalla sfortunata SS Cheerful, una nave a vapore che affondò nel 1885 al largo delle coste della Cornovaglia con tutto il suo carico. La tinnunculite, poi, è un minerale parecchio bizzarro: scaturisce infatti come prodotto secondario della reazione tra gas ad alta temperatura e il guano del gheppio eurasiatico (Falco tinnunculus, appunto). Andersonite, aburite e tinnunculite sono solo alcuni dei 208 minerali prodotti dell’azione più o meno diretta dell’essere umano, che sono stati per la prima volta catalogati da uno studio del team di Robert Hazen, della Carnegie Institution for Science di Washington. La ricerca, pubblicata sulla rivista American Mineralogist, aggiunge un’ulteriore prova concreta a sostegno del fatto che stiamo vivendo in una nuova epoca geologica, l’Antropocene.
Il primo a usare questo termine negli anni Ottanta fu il biologo Eugene Stoermer, ma è nel 2000 che l’Antropocene viene portato alla ribalta dal libro “Benvenuti nell’Antropocene” (Paul Crutzen, Benvenuti nell’Antropocene. L’uomo ha cambiato il clima, la Terra entra in una nuova era, Mondadori, 2005) del premio Nobel per la chimica Paul Crutzen, ad indicare l’epoca in cui l’essere umano e le sue attività sono le principali cause dei cambiamenti geologici del pianeta.
La ricerca di Hazen e colleghi in particolare identifica le attività umane come il principale fattore di diversificazione e di distribuzione dei minerali sulla superficie della Terra dopo la “Grande Ossidazione”, cioè la serie di eventi avvenuti 2,2 miliardi di anni fa che portarono all’aumento dell’ossigeno atmosferico, da cui si generarono circa i due terzi dei minerali conosciuti.
“L’evoluzione dei minerali è continuata attraverso tutta la storia della Terra” spiega Hazen. “Ci sono voluti 4,5 miliardi di anni perché particolari elementi si combinassero naturalmente in luoghi specifici, a particolari profondità e temperature, per formare gli oltre 5.200 minerali oggi riconosciuti ufficialmente. La maggior parte di loro si è formata dopo la Grande Ossidazione, avvenuta 2 miliardi di anni fa”. Tra le 5.200 specie minerali conosciute, “208 sono quelle prodotte direttamente o indirettamente dall’attività dell’essere umano. Si sono formate per lo più dalla metà del Settecento – ricorda il ricercatore – e crediamo che altrettante continuino a formarsi allo stesso ritmo. Per immaginare cosa sono 250 anni rispetto a 2 miliardi di anni, basti pensare alla differenza tra un battito di ciglia e un mese intero”.
L’essere umano infatti produce direttamente minerali sintetici – per esempio i minerali di alluminio e ittrio impiegati nei laser (detti Yag), o i chip in silicio da usare come semiconduttori – ma causa anche involontariamente la formazione di nuovi minerali come conseguenza secondaria delle sue attività. Così, nelle cave e nelle miniere per esempio è possibile trovare minerali nati originati dall’esposizione di alcuni elementi, prima intrappolati nella roccia, all’aria e all’acqua.
Altri modi in cui l’essere umano condiziona e modifica la geologia del pianeta secondo gli autori sono gli spostamenti (estrazione e trasporto) di grandi masse di materiale per la realizzazione di opere, una redistribuzione di sedimenti, blocchi di pietra e rocce che potrebbe essere paragonabile all’attività di un ghiacciaio.
Anche se all’apparenza possono sembrare meno rilevanti, la redistribuzione di minerali naturali di valore (le pietre preziose che viaggiano in ogni angolo del globo) e le collezioni di minerali (da quelle dei musei a quelle dei privati cittadini) sono fenomeni che per gli esperti caratterizzano l’Antropocene.
“Penso davvero che il fattore più importante per stabilire se l’Antropocene sia una nuova epoca geologica sia il fatto che noi esseri umani abbiamo creato questi materiali, questi cristalli, che sono così incredibilmente diversi e meravigliosi e che resisteranno per miliardi di anni.” conferma Hazen “Rimarranno sulla Terra per sempre, come un segno distintivo che contraddistingue la nostra era rispetto a ogni altra che l’ha preceduta nei passati 4 miliardi e mezzo di anni”.
Riferimenti: American Mineralogist