Il Fondo Sanitario Nazionale destina il 13% delle sue risorse totali alla spesa farmaceutica convenzionata, quella cioè a carico dello Stato. Ma quali sono, nel dettaglio, i principali beneficiari? Ovvero: quali categorie di cittadini “pesano” di più sul bilancio sanitario? Alla domanda risponde oggi in modo molto dettagliato una ricerca indipendente condotta da due team di ricercatori, uno italiano dell’Università di Milano e l’altro inglese dell’Henley Management College. Si tratta dello studio Asset (Age/ Sex standardised Estimates of treatment: A research model to improve the governance of prescribing funds in Italy) pubblicato on line sul numero del 4 luglio di Plos One.
Grazie al lavoro degli studiosi sappiamo, per esempio, che per procurarsi farmaci convenzionati un uomo di 75 anni attinge dalle tasche dello Stato una somma 12 volte maggiore rispetto a un giovane di età compresa tra i 25 e i 34 anni. Eppure per una donna di pari età la cifra pubblica sborsata è di “appena” 8 volte superiore a quella destinata a coprire le richieste di una trentenne. Dunque il maschio anziano costa intorno ai 652 euro l’anno, la sua coetanea 481.
Si tratta di dati di indiscussa importanza strategica, visto che, letti da occhi esperti, possono fornire indicazioni precise su come distribuire al meglio la spesa farmaceutica. “Lo studio ha una grande utilità, non tanto medica, quanto politica. Le indicazioni che emergono dall’analisi che abbiamo condotto possono servire come bussola di orientamento per la gestione dei fondi pubblici. Il primo dato su cui riflettere è che le persone oltre i 65 anni – che nel nostro paese rappresentano il 22% della popolazione – assorbono il 56% dei costi delle prescrizioni farmaceutiche” dice Alberico Catapano del Dipartimento di Scienze Farmacologiche dell’Università di Milano, tra i firmatari dello studio.
I ricercatori hanno monitorato per la durata di un anno (dall’ottobre 2004 al settembre 2005) più di 3 milioni di italiani iscritti nel registro delle Autorità sanitarie regionali (Assr) di Basilicata e Marche e dell’Asl di Monza e, dopo aver verificato che il campione garantisse un ritratto affidabile della composizione della popolazione italiana, così come rappresentata dall’Istat, hanno quantificato i costi delle ricette prescritte per età e per sesso.
Ed è emerso che, mentre il costo medio annuale è simile tra individui di sesso femminile e maschile (196,13 euro per i primi e 195,12 per i secondi), ogni fascia d’età presenta delle forti differenze tra i generi. Le adolescenti, per esempio, ricorrono ai farmaci in misura minore rispetto ai coetanei di sesso opposto, mentre le donne adulte superano di poco gli uomini nel periodo tra i quaranta e i cinquant’anni, per poi allinearsi con i maschi intorno ai 55 anni. Che è poi l’età dello spartiacque: in generale la spesa raddoppia sia per maschi che per le femmine rispetto alla fascia anagrafica direttamente precedente, quella tra i 45 e i 54 (si passa dai 146 euro degli uomini ai 300 e dai 149 delle femmine ai 277) e si comincia a delineare il progressivo sorpasso della componente maschile della popolazione.
“Il maggiore ricorso in tarda età alle prescrizioni mediche, che determina l’impennata della spesa, è senz’altro dovuto a un oggettivo peggioramento delle condizioni di salute”, spiega Catapano, “ma anche in parte alla maggiore disponibilità di tempo dei pensionati, che non hanno più impegni che impediscano di recarsi dal medico. Inoltre il nostro paese non investe molto nella prevenzione delle malattie dell’invecchiamento, favorendo così interventi una tantum, costosi e non risolutivi. La discrepanza tra i generi, invece, si può spiegare con la minore tendenza delle donne a episodi acuti di alcune patologie, e la maggiore inclinazione a malattie croniche”.
Per il futuro, i calcoli effettuati dallo studio Asset non sono incoraggianti, visto il progressivo invecchiamento della popolazione italiana: per il 2026 si prevede un aumento della spesa farmaceutica del 20%. Indispensabile quindi attuare il prima possibile delle efficaci strategie di contenimento dei costi. Da dove cominciare? I ricercatori suggeriscono innanzitutto di modellare i piani di ridistribuzione delle spese in base alla reale composizione della popolazione e non sugli indici di densità degli abitanti. Le regioni con un alto tasso di popolazione ultrasessantenne, che si trovano tra il Nord e il Centro della penisola (Liguria, Umbria, Tosca, Friuli), richiedono più risorse rispetto alle regioni come Campania, Puglia e Sardegna che ospitano una popolazione più giovane. Mettendo a confronto Liguria e Sardegna, che hanno più o meno lo stesso numero di abitanti, i ricercatori di Asset hanno calcolato che attualmente la Liguria necessiterebbe del 18% di fondi in più rispetto alla Sardegna per soddisfare la richiesta farmaceutica della popolazione anziana. Un dato di cui d’ora in poi si dovrà tenere conto.