Dalla nave danese Ark Futura all’americana Cape Ray, passando per il porto calabrese di Gioia Tauro: è questo il percorso deciso per le armi chimiche prelevate dalla Siria, la cui eliminazione sarà completata entro il mese di giugno, se tutto dovesse andar bene. Il nome del porto italiano che farà da scalo per i container dell’arsenale chimico è stato infatti svelato solo ieri, e se da una parte per alcuni la scelta onora “un’eccellenza e le capacità di un porto del Sud” (come dichiarato dalle istituzioni) dall’altra la decisione getta non poche preoccupazioni sulle autorità locali. Ma tecnicamente cosa dovrebbe avvenire a Gioia Tauro?
La nave che trasporta i container dove sono alloggiate le armi chimiche siriane non è quella adibita alla loro distruzione. Questa, lo ricordiamo, avverrà invece all’interno di una sorta di laboratorio portatile, appositamente costruito e montato a bordo della Cape Ray, in acque internazionali. All’interno di questo laboratorio portatile, tramite processi di idrolisi, le sostanze tossiche verranno ridotte a composti meno dannosi e quindi smaltiti attraverso impianti per il trattamento di sostanze pericolose. E il trasferimento da un vascello all’altro avverrà a Gioia Tauro.
Come hanno specificato il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, quello degli esteri Emma Bonino e il capo dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche Ahmet Uzumcu, il trasferimento dei container (una sessantina) avverrà tramite delle rotabili senza stoccaggio a terra. Un’operazione da compiersi nel giro di 48 ore circa e che dovrebbe aver luogo tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio. Ma perché il governo avrebbe scelto proprio Gioia Tauro? Perché qui si troverebbero abbastanza esperienza e specializzazione nelle attività di trasbordo da farne un buon candidato. E perché, ha ricordato Bonino durante un’intervista al Corriere della Sera, il porto di Gioia Tauro ha già gestito sostanze tossiche della stessa categoria di quelle prelevate dalla Siria.
Ma le giustificazioni del governo non hanno trovato riscontro tra le autorità locali. Il sindaco della città, Renato Bellofiore, si è detto sconcertato del fatto di non essere stato neanche avvisato e ha minacciato di chiudere il porto, anche di fronte alle assicurazioni sui livelli di sicurezza adottati per il trasferimento (che sarà supervisionato dagli esperti dell’Opac onde evitare rischi). Preoccupati per la sicurezza dei cittadini e dell’ambiente anche il presidente della Regione Calabria, Giuseppe Scopelliti, e i lavoratori portuali, mentre i sindaci della regione stamani si incontreranno per decidere le iniziative da adottare all’indomani della decisione del governo.
Un ministro “Amica della Siria”, che tanto successo ha avuto nel farsi rilasciare Quirico dalla criminalità in Siria, avrà, forse, difficoltà ad ottenere dalla ndrangheta il nulla osta allo smaltimento dei veleni siriani in Calabria?