Una nuova dimostrazione di forza, l’ennesima. Kim Jong-un, il lider maximo della Corea del Nord, ha nuovamente mostrato i muscoli al mondo, facendo esplodere una bomba a idrogeno la cui potenza, si stima, sarebbe circa 5 volte quella della bomba di Nagasaki. Il test è stato condotto a 10 chilometri di profondità, sotto la montagna di Punggye-ri, vulcano sacro ai nordcoreani, ed è stato annunciato con entusiasmo dalla tv di stato del regime. Si tratta del sesto test atomico di Pyongyang, il più potente mai condotto: l’esplosione, tra le altre cose, ha provocato un terremoto di magnitudo 6.3. E non è certo un fulmine a ciel sereno: appena martedì scorso, la Corea del Nord aveva fatto volare un missile balistico sopra i cieli del Giappone: sebbene l’atto non abbia avuto conseguenze materiali – l’arma, dopo aver percorso oltre 2500 chilometri, è esplosa in aria e precipitata nell’oceano –, ha suscitato la reazione immediata del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che ha “condannato fortemente” il gesto chiedendo agli stati membri di “attuare pienamente, in modo rigoroso e veloce, le sanzioni imposte nei confronti della Corea del Nord”. Sanzioni che però, al momento, non sembrano impensierire il dittatore, che ha anzi fatto sapere che il prossimo obiettivo potrebbe essere Guam, il primo avamposto militare statunitense del Pacifico.
Per capire quanto sia concreta tale minaccia, diamo un’occhiata alle armi a disposizione del regime nordcoreano (almeno quelle che si conoscono con certezza) e al loro effettivo potere distruttivo.
Anzitutto, un po’ di teoria. Per missile balistico si intende un missile che segue una traiettoria parabolica di tipo suborbitale, ossia interseca l’atmosfera nella fase di salita e in quella di discesa ma senza compiere una rivoluzione completa attorno alla Terra. A seconda della gittata, i missili balistici sono classificati in corto raggio (Srbm – Short range ballistic missile, dalla gittata inferiore a 1000 chilometri), medio raggio (Mrbm – Medium range ballistic missile, dalla gittata compresa tra 1000 e 3000 chilometri), raggio intermedio (Irbm – Intermediate range ballistic missile, dalla gittata compresa tra 3000 e 5500 chilometri) e intercontinentali (Icbm – Intercontinental ballistic missile, dalla gittata superiore a 5500 chilometri). Con la sigla Slbm (Submarine-launched ballistic missile) si indicano infine i missili balistici lanciati da sottomarini, indipendentemente dalla loro gittata.
I lanci nordcoreani, nel corso degli anni, si sono parecchio intensificati. Sotto il regime di Kim Il-sung (in particolare dal 1984 al 1994), lo stato asiatico ha condotto 15 test missilistici; con Kim Jong-il (dal 1994 al 2011) ne ha condotti altri 15. Sotto il regime di Kim Jong-un (dal 2011 a oggi) i lanci sono saliti a 87, di cui 21 nell’ultimo anno. Uno di questi era un missile balistico a raggio intermedio, due a medio raggio, otto a corto raggio o a medio raggio (non lo si sa con certezza). Altri due erano di natura sconosciuta. Si ritiene che i quattro missili lanciati l’8 giugno scorso fossero di tipo antinave. Il 4 luglio – data tutt’altro che casuale – il regime di Kim ha portato a termine il primo test di missile intercontinentale, sostenendo di avere la possibilità di “raggiungere ogni parte del mondo” con le proprie armi.
Stando a un report di Reuters e StraitsTimes, l’arsenale di Kim Jong-un sarebbe composta per la maggior parte da missili Hwasong-12, Musudan e Pukguksong. Una lista (probabilmente incompleta) della dotazione comprende: gli Scud “Ultra precision”, missili balistici a corto raggio dotati di strumenti per localizzare e colpire gli obiettivi con estrema precisione; i Pukguksong-1 (KN-11), missili balistici lanciati da sottomarini; i Pukguksong-2 (KN-15), una variante del Pukguksong-1, missili balistici a corto raggio facilmente trasportabili; i Musudan, missili balistici a raggio intermedio ancora poco affidabili (degli otto test condotti, solo uno è andato a buon fine); gli Hwasong-12, missili balistici a raggio intermedio dalla gittata di circa 4800 chilometri; gli Hwasong-14, missili balistici intercontinentali dalla gittata di oltre 10mila chilometri.
Si tratta, probabilmente, di modelli relativamente recenti, tutti sviluppati dopo il 2011: molti di essi sembrano essere dotati di tecnologie all’avanguardia, tra cui unità di propulsione più potenti, razzi supplementari e doppi motori.
Sembra che gli scienziati nordcoreani, inoltre, abbiano lavorato parecchio sul fronte del propellente: alcuni dei nuovi missili potrebbero essere spinti da combustibile liquido ad alte prestazioni, più efficiente del kerosene e dell’acido nitrico usato nei modelli precedenti. I Pukguksong-1 e 2, inoltre, usano propellente solido, più stabile da trasportare e più veloce da approntare, il che potrebbe consentire al regime di effettuare lanci in tempi estremamente ridotti.
Via: Wired.it