Il Codacons che minaccia una class action contro il Ministero della Salute e la Regione Lazio, mentre il sindaco di Viterbo, Giulio Marini, si dice pronto a denunciare l’Istituto Superiore di Sanità (Iss): è questo per ora il bilancio del caso esploso pochi giorni fa sull’arsenico nelle acque laziali. La bagarre nasce dai risultati di uno studio Iss, ancora in corso e quindi non pubblicato, anticipato alla stampa, nel quale verrebbe dimostrata la presenza di alti livelli di arsenico nell’organismo degli abitanti e nei cibi di 40 comuni del viterbese e 5 della provincia di Roma. Quella dell’arsenico nelle acque del Lazio è una questione di cui l’Iss si occupa da più di un decennio, e che è passata a oggi per tre deroghe dell’Unione Europea e quattro diverse giunte regionali. Abbiamo chiesto a Loredana Musmeci, direttrice del dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria dell’Iss, di spiegarci la vicenda e quali rischi potrebbero correre gli abitanti delle zone interessate.
Dottoressa Musmeci, esiste un’emergenza arsenico nelle acque del Lazio?
Quello che sappiamo di sicuro è che nelle acque di 40 comuni della provincia di Viterbo e in 5 di quella di Roma sono presenti livelli di arsenico inorganico superiori a quelli consentiti dalla direttiva europea. La questione risale al 1998, quando l’Unione Europea ha modificato le indicazioni precedenti, passando da un limite massimo di 50μg agli attuali 10μg. L’Italia, che precedentemente rientrava nei limiti, ha recepito le nuove norme nel 2001, e da allora ha dovuto chiedere tre deroghe per avere il tempo di adeguare gli impianti. È un problema comunque che riguarda anche altri paesi, come Croazia, Francia, Ungheria e Germania. In Italia erano interessate il Lazio ovviamente, ma anche Lombardia, Toscana, Umbria e Trento e Bolzano. Il 31 dicembre del 2012 è scaduta l’ultima deroga, e ormai l’unica regione a non rientrare nei limiti previsti è il Lazio.
Come hanno fatto le altre regioni a risolvere il problema?
Installando dearsificatori (fondamentalmente dei filtri ai carboni attivi che rimuovono l’arsenico dall’acqua) e miscelando le risorse idriche con quelle di nuove fonti non contaminate. Nel Lazio il processo è stato più complicato, anche perché la quantità di arsenico era più alta delle altre zone. Quello che non è stato detto nei giorni scorsi è che noi dell’Istituto Superiore di Sanità abbiamo segnalato più volte il problema alle autorità territoriali e il Ministero della Salute, e abbiamo sempre fornito supporto tecnico-scientifico per cercare una soluzione. L’8 febbraio abbiamo partecipato a un incontro tra il ministero, la regione e l’Unione Europea, in cui è stato stabilito una road map che verrà monitorata dalle autorità dell’unione, e che prevede il rientro sotto i limiti stabiliti entro l’anno.
Quali sono i rischi per la salute provocati dall’esposizione all’arsenico?
Si sa che l’arsenico inorganico può causare il cancro, e lesioni cutanee di diversa gravità. La certezza del rischio e i livelli in cui la sostanza diventa tossica sono però ancora oggetto di discussione. Lo Scientific Committee on Health and Environmental Risks (Scher) della Ue ad esempio, ha espresso nel 2010 il parere che fino a 100μg per litro il rischio sia minimo. Ovviamente però dipende molto anche da altre variabili: l’acqua la bevono i bambini, i malati, e soggetti a rischio per motivi diversi. Nelle zone del Lazio ancora interessate dal problema si parla solo in pochissimi casi di quantità che superano i 20μg, per cui i rischi dovrebbero essere pochi. Ma è comunque bene non sottovalutare il pericolo, anche perché la sostanza è in grado di accumularsi all’interno dell’organismo umano.
Quali sono gli interventi previsti per risolvere l’emergenza nel Lazio?
Verranno istallati dei potenti dearsificatori, per decontaminare le acque delle zone che superano i limiti, e nel frattempo noi dell’Istituto Superiore di Sanità ci occuperemo di effettuare studi per trovare falde alternative più sicure, da miscelare a quelle già utilizzate. Nel frattempo, chi abita nelle zone interessate devo seguire alcune semplici regole, non bere l’acqua e non usarla neanche per lavarsi i denti, e non usarla in cucina, se non per sciacquare velocemente i cibi. Tra l’altro, abbiamo stilato un decalogo dei comportamenti da seguire, disponibile sul nostro sito internet.
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