(Università degli Studi di Verona) – Ritardare o inibire i processi ossidativi nel nostro organismo è fondamentale per allontanare infiammazioni, malattie degenerative e per mantenersi giovani. La molecola naturale maggiormente ricca di proprietà antiossidanti è l’astaxantina, un pigmento prodotto da microalghe fotosintetiche che si ritrova poi in diversi organismi tra cui pesci e crostacei che si nutrono di queste microalghe. Oggi la produzione di questa molecola richiede costi elevati da parte del mondo industriale perché è possibile ottenerla in quantità molto basse.
Ora però si apre una nuova frontiera. La prestigiosa rivista Scientific Reports del gruppo Nature ha pubblicato un importante studio che svela i motivi alla base della bassa produttività di questa molecola osservata in colture di alghe. La ricerca è coordinata da Matteo Ballottari, docente di fisiologia vegetale dell’Università di Verona e realizzata insieme al Politecnico di Milano e al Center for Nano Science and Technology dell’Istituto italiano di tecnologia (CNST – IIT Milano). I risultati ottenuti permettono di delineare innovative strategie biotecnologiche per aumentare significativamente la produzione di astaxantina in microalghe o ingegnerizzare piante superiori per produrre questo pigmento.
L’astaxantina è un pigmento di elevato interesse industriale con applicazioni che vanno dalla produzione di mangimi per pesci per ottenere la desiderata colorazione rossa, alla cosmetica e nutraceutica grazie al suo forte potere antiossidante. L’astaxantina è, infatti, tra le molecole naturali con il potere antiossidante più forte e, per questo motivo, sono in via di studio applicazioni di questa molecola come agente anti-tumorale, anti-infiammatorio e per la protezione della pelle dai raggi UV.
La produzione industriale di astaxantina si basa essenzialmente sulla coltivazione in “fotobioreattori” (contenitori chiusi esposti alla luce del sole) di Haematococcus pluvialis, una microalga di acqua dolce che accumula alti livelli di astaxantina (fino al 5% della biomassa prodotta) in condizioni di “stress” quando, cioè, le cellule si trovano a dover fronteggiare condizioni avverse come alta temperatura, carenze nutrizionali o alta salinità. La resa complessiva di astaxantina tramite coltivazione di microalghe è tuttavia molto bassa: per questo motivo il suo prezzo sul mercato può raggiungere anche diverse migliaia di euro al chilogrammo.
Lo studio ha permesso di comprendere i motivi che stanno alla base della bassa produttività osservata in colture di alghe che producono astaxantina. “Questa molecola – spiega Ballottari – ha, infatti, una duplice funzione; da un lato protegge il DNA della cellula da possibili danneggiamenti, dall’altro si lega alle componenti cellulari responsabili della fotosintesi nell’alga destabilizzandoli, abbassando così la capacità di utilizzo dell’energia solare per la produzione di biomassa. I risultati che abbiamo ottenuto permettono ora di delineare innovative strategie biotecnologiche per aumentare significativamente la produzione di astaxantina in microalghe o ingegnerizzare piante superiori per produrre questo pigmento. In questo modo, l’obiettivo è quello di rendere l’utilizzo di astaxantina più accessibile per le varie applicazioni, considerando soprattutto l’importanza di questa molecola per la salute umana”.
Riferimenti: Functional analysis of photosynthetic pigment binding complexes in the green alga Haematococcus pluvialis reveals distribution of astaxanthin in Photosystems; Francesco Mascia, Laura Girolomoni, Marcelo J. P. Alcocer, Ilaria Bargigia, Federico Perozeni, Stefano Cazzaniga, Giulio Cerullo, Cosimo D’Andrea, Matteo Ballottari; Scientific Reports