L’asteroide che spazzò via i dinosauri generò uno tsunami devastante

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(Foto: 12222786 da Pixabay)

La fine dell’era dei dinosauri, 66 milioni di anni fa, fu abbastanza traumatica. Oggi è ormai accettata l’ipotesi secondo cui a causare l’ultima grande estinzione di massa che ha segnato la fine del Cretaceo e l’inizio del Paleogene (K-Pg) sia stato l’impatto sulla superficie terrestre di un enorme asteroide. L’impatto fu talmente violento da generare un mega terremoto, seguito da un mega tsunami con onde alte centinaia di metri che si propagarono in tutto il mondo. Ed è proprio sullo tsunami e sulla sua propagazione che si sono concentrati i ricercatori americani dell’Università del Michigan che con il loro ultimo lavoro, pubblicato su AGU Advances, hanno ricreato la prima simulazione globale dello tsunami.

Ricostruiamo cosa è accaduto

Sepolta sotto la penisola dello Yucatan, precisamente vicino al paese di Chicxulub (Messico), è presente una struttura circolare di circa 200 km di diametro che si estende per 25.000 km quadrati, scoperto negli anni Novanta. Il cratere messicano si è formato a seguito della caduta di un meteorite dal diametro di 10 km: la prova principale a sostegno di questa teoria è la presenza di un sottile strato di iridio, un metallo considerato raro nella crosta terrestre ma abbondante nelle meteoriti. Al momento dell’impatto la tremenda energia cinetica si sarebbe trasformata in luce e calore a causa dell’elevata pressione, l’asteroide si è vaporizzato all’istante e una gigantesca palla di fuoco con una temperatura di diverse migliaia di gradi ha incenerito in pochi secondi ogni creatura vivente rilasciando materiale infiammabile fino a migliaia di chilometri di distanza. Seguiranno potenti e velocissime onde d’urto. Il risultato è noto a tutti.

Per rendere l’idea di quello che accadde: lo tsunami generato dall’impatto del meteorite è stato fino a trenta mila volte più energico dello tsunami che ha coinvolto l’Oceano Indiano il 26 Dicembre 2004, una violenza tale da erodere i sedimenti nei bacini oceanici di metà globo, lasciando uno spazio vuoto nelle registrazioni sedimentarie o un rimescolamento tra i sedimenti.

Ricostruzione dell’evento

I ricercatori americani hanno riprodotto l’evento, dall’impatto dell’asteroide alla formazione del cratere, inizio e propagazione dello tsunami. Per simulare le condizioni iniziali hanno utilizzato l’idrocodice i SALE 2D asimmetrico, un codice informatico utilizzato per la modellazione dei flussi di fluidi a tutte le velocità, e un asteroide di 14 km di diametro che si muoveva ad una velocità di 12 km/s. Per simulare la successiva propagazione globale dello tsunami hanno utilizzato due modelli separati il Geophysical Fluid Dynamics Laboratory (GFDL) e il Modular Ocean Model Version 6 (MOM6).

Sono così riusciti ad alzare il velo su quanto accadde probabilmente poco dopo l’impatto. Secondo le simulazioni, un’ora dopo lo tsunami si era già spinto fuori dal Golfo del Messico e nel Nord Atlantico. Quattro ore dopo le onde avevano attraversato la costa centroamericana entrando nel Pacifico, attraversandolo completamente in 24 ore per arrivare poi nell’Oceano Indiano. In quarantotto ore le onde avevano raggiunto la maggior parte delle coste del mondo. Le onde vicino al sito dell’impatto si stima che arrivassero a toccare i 100 metri, 10 sulle coste del Sudamerica dal lato del Pacifico. E anche le velocità delle correnti furono intense, oltre i 70 km/h.

La conferma più significativa dell’impatto globale dello tsunami sono le sezioni altamente disturbate e incomplete ritrovate sulle coste orientali delle isole settentrionali e meridionali della Nuova Zelanda: questi siti si trovano infatti direttamente nel percorso di propagazione dello tsunami.

Quello da impatto di Chicxulub è stato molto più grande di qualsiasi recente tsunami generato da un terremoto, tale da lasciare segno anche sui sedimenti marini.

Riferimenti: Advancing Earth and Space Science

University of Michigan

Credits immagine: 12222786 da Pixabay