Diagnosi precoce, già all’età di un anno e mezzo, e trattamenti tempestivi: anche nel caso dell’autismo, le nuove raccomandazioni degli esperti si soffermano maggiormente sulla possibilità di anticipare l’identificazione del disturbo per poterlo trattare al meglio e ottenere risultati ancora più importanti. A fornire queste indicazioni sono le linee guida aggiornate dell’American Academy of Pediatrics, la più importante organizzazione dei pediatri americani, pubblicate sulla rivista Pediatrics. Queste linee guida completano le precedenti, uscite nel 2007, con una ancora maggiore attenzione al riconoscimento dell’autismo, che non è uno solo ma può assumere varie forme (nel grande ombrello dei disturbi dello spettro autistico).
La situazione in Italia
In Italia, secondo i dati dell’Osservatorio nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico, questi disturbi riguardano circa 1 bambino su 77, dunque più di una persona su 100, con i maschi colpiti più di 4 volte in più delle femmine. In America i numeri sono ancora più stringenti, con 1 bambino su 59, in crescita dal 2007 a oggi quando le stime parlavano di 1 caso su 155 (aumento dovuto probabilmente in buona parte alla maggiore consapevolezza). Anche a fronte di questi numeri è necessario agire sulla diagnosi precoce.
Nel nostro paese, ci sono linee guida nazionali e delle linee di indirizzo sull’autismo, divulgate dal ministero della Salute nel 2012, che indicano che le forme tipiche dei disturbi dello spettro autistico possono essere riconosciute entro il terzo anno di età. Le nuove linee guida dei pediatri americani confermano e puntano ancora di più sull’attenzione verso questi disturbi, ricordando che spesso è possibile scoprirli anche quando il bambino o la bambina ha 18 mesi.
Lo screening a un anno e mezzo e due anni
In particolare, i pediatri confermano le raccomandazioni precedenti relative a indagini sullo sviluppo del piccolo all’età di 9, 18 mesi e 30 mesi, nonché screening specifici per i disturbi dello spettro autistico all’età di 18 e 24 mesi. “Non c’è ragione di attendere una diagnosi di autismo prima di iniziare alcuni trattamenti, come terapie incentrate sul linguaggio o sul comportamento”, ha affermato Susan Hyman, pediatra dello sviluppo e del comportamento all’università di Rochester e al Golisano Children’s Hospital. “Gli interventi funzionano meglio quando sono precoci, intensi e quando coinvolgono la famiglia”. Insomma, secondo gli esperti, non bisogna avere timore a iniziare prima e a scegliere trattamenti strutturati, individualizzati e completi.
Una rivoluzione anche culturale
Centrali, dunque, sono gli screening alle età indicate dai pediatri dell’Aap. A tal proposito, nelle nuove linee guida si indica la necessità che i pediatri siano sempre più aggiornati e conoscano i criteri diagnostici per i disturbi dello spettro autistico, dunque di una maggiore sensibilità e un cambiamento anche culturale su questo genere di problematica. L’altro aspetto riguarda la garanzia di un intervento a tutto tondo: è importante assicurarsi che i bambini con un disturbo dello spettro autistico ricevano un supporto evidence-based (basato sui risultati degli studi scientifici) per rispondere ai bisogni sociali, educativi e comportamentali, a casa e a scuola, con accesso ad adeguate cure pediatriche e di salute mentale.
Autismo, coinvolgere la famiglia
Un altro elemento importante riguarda il coinvolgimento della famiglia, soprattutto nel passaggio dalle cure pediatriche a quelle di medicina per gli adulti. Infine, informare i pazienti e le famiglie sui dati scientifici e i risultati relativi ai trattamenti, proponendo anche la possibile partecipazione all’interno di studi clinici e il supporto delle organizzazioni dedicate all’autismo. Insomma, da un lato diagnosi e cure, dall’altro informazione, coinvolgimento e condivisione sono i cardini di queste nuove linee guida e del migliore benessere del bambino o bambina con autismo.
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