Un nuovo metodo per rafforzare l’imitazione automatica delle emozioni, la nostra innata tendenza a imitare le espressioni facciali degli altri, allenando l’empatia. È quello che hanno appena messo a punto i ricercatori del dipartimento di psicologia della Sapienza, in collaborazione con la Fondazione Santa Lucia Irccs, secondo cui il loro studio, appena pubblicato sulla rivista Cortex, potrà rappresentare uno strumento molto utile nell’intervento di condizioni come il disturbo dello spettro autistico e della schizofrenia.
L’empatia e la facial mimicry
La facial mimicry, ossia l’imitazione automatica delle emozioni facciali di un altro individuo, è un meccanismo alla base del riconoscimento delle emozioni e del contagio emotivo, semplici forme di empatia che precedono quelle più complesse. Questa abilità, spiegano i ricercatori, è modulata da fattori sociali, come appartenenza al gruppo, familiarità, cooperazione o competizione, ed è associata a cambiamenti fisiologici e neurali prodotti dall’effettiva esperienza emozionale. Ma risulta ridotta nell’autismo e nella schizofrenia, condizioni caratterizzate da difficoltà empatiche e di riconoscimento delle emozioni altrui.
La tecnica dell’enfacement
Il team di ricercatori, guidato da Salvatore Maria Aglioti, ha testato la possibilità di aumentare l’imitazione automatica delle emozioni facciali, e così anche l’empatia, attraverso il metodo dell’enfacement, ovvero una semplice illusione corporea che viene indotta dalla stimolazione tattile del volto del partecipante mentre osserva la medesima stimolazione effettuata sul viso di un’altra persona. Questo procedimento, spiegano i ricercatori, riduce la distinzione tra sé e l’altro: studi precedenti hanno, infatti, già dimostrato come, in seguito a una stimolazione visuo-tattile, si tende a percepire l’altro più simile a sé su diversi livelli, dall’identità visiva ai comportamenti sociali.
Nel nuovo studio, i ricercatori hanno utilizzato il metodo dell’enfacement, toccando la faccia dei partecipanti contemporaneamente alla faccia di un attore che in un secondo momento mostrava specifiche emozioni, mentre venivano registrate le risposte neurofisiologiche facciali dei partecipanti. E i risultati mostrano per la prima volta che l’illusione dell’enfacement può aumentare significativamente l’imitazione automatica delle emozioni altrui. “Abbiamo testato la possibilità di aumentare l’imitazione automatica delle espressioni facciali emotive attraverso la stimolazione visuo-tattile interpersonale del volto, come futura e promettente rotta per aumentare il contagio emotivo e migliorare la comprensione delle emozioni altrui”, conclude Aglioti. “Crediamo che i nostri risultati possano essere la base per l’ideazione di interventi clinici innovativi volti a ridurre le difficoltà empatiche e di riconoscimento delle emozioni in condizioni del neurosviluppo come l’autismo e la schizofrenia”.
Riferimenti: Cortex