Azienda Cnr

Le prossime settimane saranno decisive per il principale ente italiano di coordinamento della ricerca, il Consiglio Nazionale delle Ricerche. I nuovi regolamenti, le cui bozze erano state lasciate in eredità dal commissario Adriano De Maio, sono in fase di revisione e discussione da parte del nuovo presidente Fabio Pistella e del Consiglio di Amministrazione che presiede. Le novità più rilevanti riguardano le modalità di organizzazione della ricerca e di gestione dei fondi, che ruotano attorno all’istituzione dei dipartimenti. Si tratta di nuove strutture organizzative, poste al di sopra degli istituti in cui tradizionalmente si articola l’attività del Cnr, cui spetterà il compito di commissionare e gestire progetti di ricerca, arruolando personale dai singoli istituti. Secondo la bozza, i dipartimenti dovrebbero essere 11, relativi alle seguenti aree: agroalimentare, scienze della vita, medicina, materiali e dispositivi, progettazione molecolare, terra e ambiente, tecnologie dell’informazione e della comunicazione, sistemi di produzione, identità culturale, patrimonio culturale, energia e trasporti. Una riorganizzazione radicale della struttura e delle procedure interne dell’ente, dettata dall’obbiettivo di razionalizzare le attività di ricerca, facilitare le collaborazioni con altri enti e con il privato, e favorire le sinergie tra istituti diversi. Ma, nei termini in cui è presentato, anche un progetto che suscita forti perplessità nel mondo della ricerca. A riassumerle è Rino Falcone, dell’Istituto di Scienze e Tecnologie Cognitive di Roma e portavoce dell’Osservatorio sulla Ricerca: “Questa trasformazione del Cnr va prima di tutto inquadrata all’interno della riforma Moratti, che già dalla composizione degli organi direttivi ha dato all’ente un taglio decisamente gerarchico e dirigistico. Al posto del vecchio consiglio direttivo, nominato per metà dal governo e per metà dalla comunità scientifica, c’è ora un consiglio di amministrazione (e già il nome conta), per cinque noni di nomina ministeriale, e per un nono a testa espressione di Crui, Confindustria, UnionCamere e Conferenza Stato Regioni. E il Presidente ha molti più poteri di quanto non avesse prima”. In questo progetto dirigistico si inserisce, secondo Falcone, anche l’istituzione dei dipartimenti. “Potrebbero essere una novità positiva se si trattasse di pure strutture di coordinamento. Ma così come sono presentati, diventano prima di tutto un luogo di conflitto di competenze. Finanziamento, gestione e valutazione dei progetti di ricerca sono concentrati nelle stesse mani. Il capo dipartimento inoltre ha come diretti interlocutori i singoli ricercatori, cui affida le attività di ricerca scavalcando il direttore di istituto, che invece dovrebbe poter dare un’identità scientifica forte all’istituto”. Un’altra fonte di potenziali problemi è indicata da Falcone nella rigidità degli ambiti individuati. “Un buon esempio è il nostro istituto, quello Scienze e Tecnologie della Cognizione, che ha difficoltà a individuare un singolo dipartimento cui fare riferimento. Dovrebbe fare riferimento almeno a due”. Ma il vero nodo è, come è ovvio, la gestione dei fondi. Il nuovo presidente del Cnr ha introdotto nelle bozze di regolamento il principio del “full financing”. In sostanza, quando il consiglio di amministrazione distribuirà i fondi assegnati dallo Stato al Cnr, non si porrà il problema di quanti soldi servano per i singoli progetti di ricerca, quanti per il personale, quanti per strutture e spese vive. Semplicemente, i fondi verranno ripartiti in base alle tipologie di ricerca: 15 per cento per ricerca “curiosity driven”, quella spontanea a tema libero; 15 per cento per progetti di sviluppo competenze (essenzialmente, acquisizione di capacità tecnologiche); 70 per cento per ricerca strategica, ovvero applicata. Quindi, gli stessi stipendi dei ricercatori vanno a finire in questo conteggio. “È chiaramente uno strumento molto potente per indirizzare la ricerca”, commenta Falcone. “Peraltro quelle cifre non rispecchiano la situazione attuale, e non è ben chiaro come ci si possa arrivare. Anche i finanziamenti esterni, come i fondi europei, dovrebbero rispettare queste suddivisioni. Il che significa per esempio che se un progetto ‘curiosity driven’ riceve un finanziamento europeo di 2 milioni di euro fa sballare completamente il budget di un istituto”. Tutti problemi decisivi, insomma, per il volto che assumerà il Cnr nel prossimo futuro che ci sarebbe piaciuto discutere anche con Fabio Pastella, irraggiungibile, purtroppo, in queste settimane.

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