Cosa hanno in comune oggetti come i bottoni, le fiches da pocker e le astronavi? Al momento nulla. O meglio, sia i primi che le seconde possono essere fatti (o rivestiti) di madreperla, il materiale iridescente che costituisce le conchiglie di molti molluschi. Ma forse, in un futuro non troppo lontano, anche le navicelle destinate a viaggiare nello Spazio potrebbero sfruttare le proprietà di questo materiale, così come gli scafi delle barche o persino gli impianti per la ricostruzione delle ossa dopo una frattura. Idee che potrebbero concretizzarsi grazie al lavoro della biologa Anne S. Meyer dell’Università di Rochester (NY) e dei suoi colleghi, che sono riusciti a riprodurre la madreperla in modo economico, rapido ed ecologicamente compatibile grazie a un ingrediente speciale: i batteri.
Una madreperla artificiale
Da tempo le straordinarie proprietà della madreperla stimolano gli scienziati nella ricerca e nella produzione di materiali sintetici con caratteristiche simili. Ma i metodi impiegati fino ad ora si sono rivelati complessi, costosi e con un impatto ambientale non trascurabile. La madreperla di Meyer invece è realizzata con materiali prodotti biologicamente, arrivando ad avere la stessa durezza della sua sorella naturale e dimostrandosi sorprendentemente resistente e flessibile allo stesso tempo. Sono proprio queste sue caratteristiche che la rendono speciale, aprendo importanti scenari per l’utilizzo di questo prodotto in campo medico e ingegneristico.
Più dura del cemento
Meyer si è avvicinata all’idea di poter usare dei batteri per ricreare materiali da costruzione nel 2011, cercando di individuare il materiale più adatto per questo obiettivo. La madreperla, in questo senso, è perfetta avendo una “composizione chimica al 95% uguale al cemento, ma migliaia di volte più dura”, come dice la stessa Meyer, raccontando a Galileo la nascita dell’idea di questo progetto. Il primo obiettivo del suo lavoro è stato dunque quello di riprodurre il materiale del guscio dei molluschi in modo economico e non inquinante. Le tecniche fino ad ora note prevedevano attrezzature costose, temperature e condizioni di alta pressione estreme e l’utilizzo di sostanze chimiche tossiche. “L’aspetto ecologico è sempre stata una parte principale del nostro processo di produzione. Questo metodo è invece semplice, economico e non produce rifiuti tossici”, spiega la ricercatrice.
La madreperla dai batteri
In una ricerca pubblicata sulla rivista Small, specializzata in nanotecnologie, Meyer e i suoi colleghi descrivono la tecnica adottata, che prevede l’uso di due ceppi di batteri per replicare gli strati della madreperla naturale. Sono riusciti così a creare strati sottili alternati di carbonato di calcio cristallizzato e di un polimero colloso. Nella prima fase del processo, a lavorare è il batterio Sporosarcina pasteurii, una fonte di calcio, e una soluzione di urea, dove cristallizza il carbonato di calcio. Lo strato polimerico invece è realizzato dal Bacillus licheniformis, disperso in una soluzione in cui viene immerso il primo strato di calcio formato. Dopo circa 24 ore di incubazione, si verrà a formare uno strato di circa 5 micrometri di spessore, del tutto simile alla madreperla che riveste i gusci dei molluschi.
Un materiale per l’ingegneria e la medicina
Ma quali sono le potenzialità applicative di questo materiale? “Al livello ingegneristico la nostra madreperla è estremamente interessante. È allo stesso tempo dura e rigida. Spesso i materiali che eccellono in una di queste caratteristiche sono carenti nell’altra, lei no. E inoltre è anche leggera. Queste proprietà la rendono un materiale ideale per ricoprire le strutture di imbarcazioni, aeroplani o addirittura astronavi”, spiega Meyer, che continua: “si avrebbe così un rivestimento estremamente resistente, ma anche leggero, il che comporterebbe un importante riduzione dei consumi”. Per l’ingegneria, la madreperla artificiale rappresenta dunque un materiale con grandi potenzialità. Inoltre, data la sua resistenza alla degradazione chimica e agli agenti atmosferici, potrebbe rivelarsi estremamente utile anche nell’industria alimentare. Sottili strati di madreperla artificiale potrebbero essere usati come imballaggi sostenibili, andando così a ridurre l’impatto delle plastiche sull’ambiente. Ma non è tutto. “La madreperla è un materiale completamente biocompatibile. Il carbonato di calcio di cui è composta è lo stesso di cui sono fatte le nostre ossa. Il mio sogno è che la nostra madreperla possa essere usata per realizzare impianti ossei. Al momento le fratture vengono saldate con perni o piastre metalliche che successivamente devono essere rimosse. Con la madreperla questa rimozione non sarebbe assolutamente necessaria”. Queste grandi potenzialità in campo medico, sottolinea però la ricercatrice, sono in una fase molto preliminare.
Nonostante le potenzialità della madreperla artificiale di Meyer, manca ancora qualcosa a questo materiale per raggiungere il successo che la sua creatrice sogna. “Attualmente – conclude Meyer – siamo in grado coprire un’ampia superficie con uno strato di madreperla, ma è lungo il processo per creare più strati. Stiamo quindi lavorando per cercare di ricreare altri materiali, con il metodo con cui abbiamo fatto la madreperla, che siano più spessi e in modo più rapido. Stavolta vorremmo imitare le lumache, che producono uno spesso strato polimerico e poi lo accrescono con cristalli di carbonato, creando una struttura unica”.
Riferimenti: Small
Articolo prodotto nell’ambito del master SGP di Sapienza Università di Roma