Il mondo è sull’orlo di un’era post-antibiotica. È questo l’allarme dato su Lancet Infectious Diseases da alcuni ricercatori cinesi, secondo cui gli antibiotici potrebbero presto diventare inefficaci. A riaccendere il dibattito a pochi giorni dalla settimana dedicata a sensibilizzare il mondo sul problema delle resistenze agli antibiotici (vedi Galileo: Così si combattono le resistenza agli antibiotici), è la scoperta di un gene, chiamato mcr-1, capace di rendere alcuni batteri resistenti a un antibiotico di ultima generazione, la colistina. Inoltre, secondo gli esperti, il timore è che questi batteri si possano diffondere in tutto il mondo, moltiplicando così le infezioni incurabili. “I risultati del nostro studio sono estremamente preoccupanti”, ha spiegato Liu Jian Hua, dell’Università meridionale dell’Agricoltura cinese, e coautore dello studio.
I batteri resistenti alla colistina, un antibiotico largamente usato negli allevamenti, sono stati identificati nel corso di un test di routine sulla carne di maiale e di pollo in Cina meridionale. Il team di esperti ha così esaminato i campioni dei batteri raccolti dalla carne di maiale venduta in diversi mercati di quattro province, e da pazienti in ospedale. Dai risultati è emerso che il gene Mcr-1 era presente nel 21% degli animali testati, nel 15% dei campioni di carne cruda, e in 16 dei 1.322 pazienti infettati da Escherichia coli.
Lo studio ha evidenziato come il gene Mcr-1 impedisce alla colistina di uccidere i batteri. Inoltre Mcr-1 è stato individuato in batteri comuni, potenzialmente mortali, come l‘Escherichia coli, Klebsiella penumoniae e Pseudomonas aeruginosa, che possono causare polmoniti e malattie ematiche, rendendoli incurabili. Gli esperti hanno anche sottolineato il fatto che il gene sia in grado di diffondersi senza difficoltà da un ceppo all’altro, facendo pensare che abbia un forte potenziale epidemico.
“Nel momento in cui Mcr-1 diventerà globale, ed è questione di ‘quando’ non di ‘se’, e il gene si allineerà con altri geni resistenti agli antibiotici, allora molto probabilmente vedremo l’inizio di un’era post-antibiotica” ha spiegato Timothy Welsh dell’Università di Cardiff. “A quel punto se un paziente sarà gravemente malato, per esempio per l’Escherichia coli, allora non ci sarà più nulla che potremo fare. La scoperta che questa forma di resistenza può essere condivisa da diversi batteri, senza differenza tra cibo, animali o persone, è un’ulteriore prova che non dovrebbero essere usati gli stessi farmaci nella medicina veterinaria e in quella umana”.
Riferimenti: The Lancet Infectious Diseases Doi: http://dx.doi.org/10.1016/S1473-3099(15)00424-7