Per fabbricarla non è richiesto il solito elenco di elementi rari e difficili da smaltire (come il cadmio), e oltretutto è composta da lignina, ecologicamente sottratta ai liquami delle cartiere. È la batteria a basso impatto ambientale pensata da ricercatori del Politecnico di Poznan, in Polonia, e dell’Università di Linköping, in Svezia e descritta su Science. L’invenzione, che si basa su un catodo di lignina e polipirrolo (un polimero conduttore), risponde all’esigenza di immagazzinare in modo economico e intelligente l’energia generata dai sistemi fotovoltaici.
“La natura ha risolto il problema di come catturare la radiazione solare molto tempo fa”, spiega Olle Inganäs, principale autore dello studio. E dalla natura viene l’ispirazione per il catodo a lignina, in particolare dalla fotosintesi clorofilliana, la catena di reazioni con cui le piante assemblano i composti organici. Una fase di questo processo, infatti, prevede l’acquisto degli elettroni da parte di molecole trasportatrici, i chinoni, che hanno il compito di rilasciare il carico al momento opportuno (liberando energia). I chinoni, presenti anche nella lignina, agiscono come dei veri e propri accumulatori di carica negativa, il che li assimila al catodo di una batteria. A differenza dei catodi tradizionali, però, la densità di carica è particolarmente elevata: un aspetto senza dubbio vantaggioso.
Costruire un catodo a base di lignina è conveniente soprattutto dal punto di vista economico e ambientale. Questa macromolecola vegetale è il composto più prodotto in natura dopo la cellulosa, e gli alberi ne sono composti per il 20/30 per cento. Fortunatamente, però, non serve abbattere foreste per disporne: è uno dei principali rifiuti dell’industria cartaria (il cosiddetto “brown liquor”). Tuttavia nello sviluppare il nuovo progetto si dovranno risolvere alcuni problemi, tra cui l’incapacità di trattenere a lungo il potenziale accumulato.
Dai primi test, la struttura del materiale (una pellicola di lignina e polipirrolo spessa mezzo micron) sembra garantire una buona “tenuta” iniziale rispetto agli elettroni caricati, i quali però tendono a scivolare via troppo rapidamente. Sono comunque in programma ricerche volte a portare la nuova forma di stoccaggio energetico alla scala industriale, un passo verso il sogno di racchiudere le fonti rinnovabili in serbatoi graditi all’ambiente.
Riferimento: Science DOI: 10.1126/science.1215159
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