L’Antartide è il continente più freddo e inospitale della Terra, coperto per quasi tutta la sua estensione da una distesa di ghiaccio di circa 30 milioni di chilometri cubi e popolato sola da foche, pinguini e scienziati. Sotto il ghiaccio si trovano ambienti ancora più inospitali, i laghi subglaciali, isolati dall’atmosfera terreste e mantenuti allo stato liquido dal calore geotermico e dalla pressione della calotta glaciale. Nella profondità di uno di questi, il lago Whillans, situato sotto la calotta antartica occidentale, sono stati però rilevati più di 3.900 tipi di microrganismi che proprio dal ghiaccio sembrerebbero ottenere nutrimento. La scoperta, pubblicata su Nature, è frutto del lavoro dei ricercatori del progetto internazionale Whillans Ice Stream Subglacial Access Research Drilling (Wissard), tra i quali l’italiano Carlo Barbante, chimico e paleoclimatologo dell’Università Ca’ Foscari Venezia e direttore dell’Istituto per le dinamiche dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr).
Questo team internazionale, grazie a una tecnica innovativa che utilizza acqua calda e raggi ultravioletti per perforare la calotta antartica senza il rischio di contaminazioni ambientali, è riuscito a prelevare campioni di acqua e sedimenti dal lago Whillans, a 800 metri di profondità. È stata così scoperta la presenza di batteri e archeobatteri in vita, alcuni dei quali studiati da Barbante nella “clean room”, laboratorio a contaminazione controllata del Dipartimento di Scienze Ambientali di Ca’ Foscari. “Ora è evidente che forme di vita si sono sviluppate anche nelle estreme condizioni ambientali dei laghi sublaciali”, spiega lo scienziato italiano. “Le analisi chimiche condotte a Venezia hanno contribuito a dimostrare come nei laghi subglaciali, dove non c’è luce, i microrganismi assorbano e scambino energia grazie a particolari reazioni chimiche di ossidoriduzione”.
Alcuni batteri erano stati rilevati in precedenza anche in campioni prelevati dal lago Vostok, un altro lago subglaciale. I risultati delle analisi erano però controversi dal momento che i campioni prelevati attraverso un pozzo di perforazione potevano essere stati contaminati dall’uso di un idrocarburo necessario al funzionamento delle macchine trivellatrici. La nuova tecnica di perforazione ha invece permesso la rilevazione di campioni sicuramente incontaminati. Inoltre la ricerca, come spiega Barbante, “suscita grande interesse da parte degli scienziati che studiano la vita in altri ambienti estremi e negli altri pianeti”.
Riferimenti: A microbial ecosystem beneath the West Antarctic ice sheet; Brent C. Christner, John C. Priscu, Amanda M. Achberger, Carlo Barbante, Sasha P. Carter, Knut Christianson, Alexander B. Michaud, Jill A. Mikucki, Andrew C. Mitchell, Mark L. Skidmore, Trista J. Vick-Majors & the WISSARD Science Team, Nature doi:10.1038/nature13667
Il blog tenuto da Carlo Barbante durante la missione in Antartide
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Credits immagine: Penn State/Flickr