Human Brain Project: le critiche dei neuroscienziati

    L’Europa ha un obbiettivo ambizioso: simulare nel dettaglio il funzionamento del cervello umano. Si tratta dello Human Brain Project (Hbp, vedi anche Galileo), un vasto programma di ricerca finanziato con oltre un miliardo di euro dalla Comunità Europea, che punta a rivoluzionare le conoscenze disponibili sul principale organo del nostro corpo nella speranza (almeno dichiarata) di “arrivare ad intuire cosa ci rende realmente umani”, ma che nel frattempo non disdegnerà (più realisticamente) anche le probabili ricadute in campo tecnologico e medico. Anche se i fondi sono tanti, il comitato che gestisce l’Hbp ha comunque dovuto fare delle scelte. Ad uscire sconfitte, paradossalmente, sono le neuroscienze cognitive, cioè la branca delle neuroscienze che studia le basi cerebrali del pensiero, che è stata esclusa dai core projects che riceveranno la parte maggiore dei finanziamenti. La comunità dei neuroscienziati europei però non ci sta, e ha inviato una lettera di protesta ufficiale alla Commissione Europea, chiedendo criteri più rigorosi per la valutazione del progetto e minacciando di boicottarlo massicciamente se le richieste non verranno accolte.

    Fra i 156 firmatari originali ci sono anche i neuroscienziati Alessandro Treves e Mathew Diamond, della Sissa. “L’obiettivo ambizioso di Hbp, quello di simulare nel dettaglio il funzionamento del cervello umano, a tanti è sembrato fin dall’inizio una chimera, ma nonostante questo molti scienziati hanno pensato che ci sarebbero potute essere importanti ricadute a livello di conoscenze scientifiche, anche se Hbp alla fine non fosse riuscito nel suo intento”, spiega Treves. “Per questo molti neuroscienziati lo hanno sostenuto, o almeno hanno evitato di esternare pubblicamente le loro riserve. Altri invece se ne sono tirati fuori fin da subito, il fronte della protesta è infatti eterogeneo. Ora quasi tutti si sono arresi all’evidenza: la gestione centralizzata e poco trasparente del progetto si sta rivelando come mirata a eliminare qualunque controllo sugli utilizzatori finali di finanziamenti così ingenti, ancora di più ora che sono stati esclusi capitoli importanti della ricerca, come appunto gli studi cognitivi,”.

    “Se in altri ambiti della ricerca il modello centralizzato può avere senso ed efficacia – si veda per esempio lo sforzo su LHC – negli studi sul cervello e sulla mente ha poco senso”, aggiunge Diamond. “Non abbiamo bisogno di infrastrutture grandi e costose come la fisica sperimentale. Riteniamo invece, come si scrive anche nella lettera, che un approccio ‘dal basso’, come quello già sperimentato per esempio con i finanziamenti European Research Council (ERC), sia molto più efficace”.

    Qui il testo completo della lettera.

    Credits immagine: A Health Blog/Flickr

    3 Commenti

    1. Da un lato comprendo le perplessità della comunità che si occupa di neuroscienze. Sorprende che si voglia escludere, almeno per il momento, chi si occupa di sviluppare la linea di Cognitive Architectures. Mi pare proprio una scelta miope che non capisco.

      Nello stesso tempo mi sembra sbagliato affermare che non ci sia bisogno di infrastrutture grandi e costose. L’opportunità di mettere assieme un supercalcolatore con capacità computazionali simili a quelle stimate per la neocorteccia, potrebbe offrire opportunità importanti.
      Si consideri che ci sono vari studi che mostrano come nei prossimi anni le capacità calcolo di grandi calcolatori paralleli con architetture GPU distrubuted, potrebbero arrivare a livelli paragonabili a quelle del nostro cervello. Si consideri anche che le ricerche nel campo dell’intelligenza artificiale ( si pensi,ad esempio, al deep learning) stanno facendo interessanti progressi, e che in giro per il mondo si stanno investendo molti e molti soldi su queste cose.
      A rigore non possiamo neppure esclude a priori che nei prossimi anni emerga qualche nuovo approccio che potrebbe trarre vantaggio dalla presenza di infrastrutture pronte (mi permetto di segnalare un mio personale possibile contributo: https://www.academia.edu/6783625)

      Forse il progetto va realmente ripensato, sopratutto nella gestione (visto anche che si tratta di un progetto di neuroscienze e non di IA). Ma forse si dovrebbe anche cercare di trovare un punto di incontro tra le diverse correnti di pensiero.

    2. Sono un autodidatta con tutti i limiti di tale mia condizione. Ho, però, una mente molto creativa. Nel mio sito http:// vittoriodascanio.altervista.org espongo idee sul funzionamento del circuito nervoso inteso come sistema basato sulle trasmutazioni nucleari a debole energia ossia sui fenomeni Kervran. L’uomo con i circuiti elettronici ad alta integrazione (chip) ha ottenuto risultati straordinari: la Natura utilizzando l’energia nucleare dolce delle TRASMUTAZIONI, INTEGRANDO ANCHE LA FONTE DI ENERGIA, (di natura NUCLEARE), HA OTTENUTO RISULTATI ASSOLUTAMENTE INCREDIBILI E STUPEFACENTI. Capire il cervello se non si parte da questi fenomeni FISICI/CHIMICI/QUANTISTICI é. probabilmente, lavoro sprecato. Grazie per l’attenzione. Il mio sito é accessibil anche digitando il mio nome. Vittorio D’Ascanio 18/07/2014.

    3. Tanti neuro scienziati,o loro gruppi, se invece di inviare una lettera di protesta ufficiale alla Commissione Europea, chiedendo criteri più rigorosi per la valutazione del progetto e minacciando di boicottarlo massicciamente se le richieste non verranno accolte,riuscissero a raggiungere un minimo di accordo sulle funzioni dei collegamenti fra le varie aree corticali,invece che arroccarsi sulla solita”plasticità sinaptica”per dare una spiegazione a tutto e nascondere in questo modo i propri limiti,magari verrebbero più considerati dai responsabili di questo progetto,che potrebbero anche non essere così sprovveduti come qualcuno vorrebbe farli passare.

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