Siamo al venticinquesimo posto dell’annuale classifica dei 66 paesi più evoluti nel campo dell’Information Technology (IT), ovvero due scalini più in basso rispetto allo scorso anno. Lo afferma il nuovo rapporto elaborato e pubblicato dal The Economist per conto della Business Software Alliance (Bsa), un’organizzazione internazionale per l’innovazione tecnologica e la sicurezza informatica.
La classifica è stata redatta secondo il grado di competitività del settore IT di ciascun paese, valutato in base a fattori come la disponibilità di personale qualificato, la presenza di infrastrutture tecnologiche avanzate, la tutela dei diritti di copyright e l’apertura alle innovazioni. Al primo posto della classifica figurano gli Stati Uniti, segue la Repubblica di Taiwan, e al terzo posto la Gran Bretagna. L’Italia è in coda alle altre nazioni europee, seguita solo dal Portogallo e dalla Grecia. La classifica è confermata dai dati: meno del 40 per cento della popolazione italiana possiede un computer, e le connessioni a Internet sono 50 ogni cento abitanti, di cui solo 18 a banda larga. Ben al di sotto degli standard europei. In Italia inoltre, il personale impiegato nel campo dell’IT – circa 700 mila persone – è troppo scarso in rapporto alla popolazione. Manca, infine, un’adeguata protezione dalla cyber-pirateria, fenomeno che si verifica molto frequentemente rispetto al resto dell’Europa, agli Stati Uniti, e alla Cina, dotati di robusti sistemi di protezione IP.
Secondo Denis McCauley, Direttore Global Technology Research dell’Economist Intelligence Unit (la sezione che ha elaborato il rapporto), è molto difficile che una nazione possa costruire un solido settore IT senza contare su basi normative ed economiche altrettanto solide, su un numero sufficiente di risorse umane specializzate, sul sostegno offerto all’innovazione e infine sull’impiego della tecnologia in tutti gli aspetti della vita sociale. “Pensando al futuro della nostra economia”, ha commentato Luca Marinelli, presidente di Bsa Italia, “è preoccupante che, nonostante l’impegno dell’industria e delle istituzioni, l’Italia non sia citata tra le 20 nazioni che offrono un ambiente positivo e dinamico in nessuna delle aree interessate”. (ga.c.)