La lunga intervista che Manfred Lΰtz conduce con Otto Kernberg, uno dei più importanti psicoanalisti contemporanei, tocca temi diversi, dalla pratica professionale alla fede religiosa, e permette al lettore di affacciarsi sui pensieri che si sviluppano nella mente del terapeuta durante il suo lavoro di analista. Le radici di comportamenti preoccupanti e delle sofferenze psichiche umane, sostiene Kernberg, hanno radici profonde dovute a problemi verificatisi nei primi anni di vita, e con l’analisi lo psicoterapeuta può portare alla luce le fondamenta inconsce di tanto malessere. Gli orientamenti e i metodi terapeutici hanno valenze diverse, ed anche diversi tempi di intervento: le terapie comportamentali sono efficaci su tempi brevi, la psicoanalisi può richiedere anni di interazione. Riuscendo a rendere conscio l’inconscio si possono sciogliere i meccanismi psichici che destabilizzano il paziente e l’empatia è una dote necessaria per ottenere buoni risultati. Il terapeuta deve saper gestire e accettare i sentimenti negativi che necessariamente emergono nella relazione e controllare i momenti in cui, eventualmente, lui stesso prova avversione o fastidio per il proprio paziente. E’ anche importante saper distinguere gli atteggiamenti patologici dai momenti di depressione e smarrimento che fanno parte della vita di tutti: per esempio nella relazione tra genitori e figli è facile scaricare sugli psicoterapeuti le difficoltà che nascono dal non sapersi assumere le proprie responsabilità educative.
Manfred Lΰtz
Dottor Kernberg, a cosa serve la psicoterapia? Riflessioni e ricordi di un grande clinico
Raffaello Cortina Editore, 2021,
pp.236, € 19,00
Le domande di Lΰtz incalzano Kernberg sostenendo che la formazione analitica assomiglia più alla adesione a un dogma religioso che al risultato di un processo scientifico di cui non si può garantire l’efficacia. E la discussione sulle differenze tra la verità e l’efficacia di una teoria sposta l’attenzione sulla struttura autoritaria e dogmatica delle diverse religioni, in particolare di quella cattolica. Tutte offrono un aiuto specifico del loro campo di azione ma se l’assistenza spirituale offerta dalla religione per superare difficoltà relazionali riguarda soprattutto i problemi etici, l’assistenza terapeutica riguarda i problemi psichici ed indaga sulle cause remote dei comportamenti indesiderati.
Kernberg racconta poi della sua infanzia a Vienna, delle esperienze antisemite che hanno marchiato la sua adolescenza in Austria, del rifugio in Cile e delle sue ribellioni giovanili. E’ interessante il racconto del suo passaggio da una militanza marxista alla presa di coscienza degli orrori dello stalinismo. Gli eventi mondiali come la caduta del Muro di Berlino o la crisi di Cuba, insieme a molte letture filosofiche, lo portano, inoltre, ad una rivalutazione della religione ebraica e a sviluppare una ricerca di Dio, inteso non come creazione della mente umana ma come verità eterna al di là dell’essere umano. L’evoluzione della natura è troppo razionale per pensare che soluzioni tanto perfette siano frutto del caso, sostiene Kernberg, in un certo senso meravigliandosi che lo sviluppo fisico e biologico nella natura dia origine alla vita psichica umana.
L’intervista con Lΰtz procede articolandosi quindi su temi religiosi e sulla importanza della fede, ma lo psicoterapeuta ebreo non riesce tuttavia a comprendere l’indifferenza di Dio nei confronti dello sterminio di Auschwitz e delle crudeltà perpetrate nei campi di concentramento nazisti. Lΰtz incalza sostenendo che Dio può amare gli uomini lasciandoli liberi di essere malvagi, ma partecipando al loro dolore attraverso la sofferenza di Cristo. I due discutono dell’imporsi politico delle teorie antisemite: persino quando il dolore e l’orrore nazista divennero noti nel mondo, si continuava a non capire come un indottrinamento di massa avesse portato a disumanizzare un intero popolo, rendendolo indifferente a quanto stava avvenendo. Nella psicologia del persecutore, chi distrugge sopravvive con una “inebriante sensazione di sicurezza” e questo può cancellare ogni forma di responsabilità sociale, come si è poi visto negli atteggiamenti dei nazisti processati a Norimberga. La discussione tra i due interlocutori diventa quindi molto coinvolgente anche per il lettore, che può riflettere su questi argomenti elaborando le sue convinzioni personali.
Kernberg si definisce oggi un sionista fortemente identificato con Israele e sostiene il ricorso alla forza militare nella lotta per l’indipendenza e la sopravvivenza dello Stato. Pensa che le ideologie che portano alla distruzione della democrazia non dovrebbero essere tollerate, e che bisognerebbe togliere il sostegno ai partiti politici antisemiti e anti musulmani che spesso oltrepassano i limiti della civile convivenza democratica.
L’ultimo capitolo del libro è dedicato alla “arte di una vita felice” in cui la sessualità svolge un ruolo importante nel realizzare una relazione completa con la persona di cui si è innamorati, anche se l’innamoramento non è una condizione destinata a durare. Le difficoltà di una relazione felice sono tante, ma il rispetto reciproco e una sorta di parità tra i partners sono fondamentali per una gestione degli inevitabili conflitti. Se passione erotica e passione religiosa possono essere intimamente legate, l’incapacità di unire sesso e tenerezza rappresenta invece un problema che può essere curato con terapie adeguate. Non si può ridurre l’uomo alla sola biologia, conclude Kornberg, e l’ebraismo insegna che si è sulla Terra per compiere i propri doveri rituali, per fare del bene e per migliorare il mondo.
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