Ossitocina: ormone dell’amore e, forse, anche anti-panico. Lo suggerisce uno studio pubblicato su Biological Psychiatry, che mostra come la somministrazione dell’ormone – abbinata ad approcci standard per i trattamenti di stati di ansia – possa aiutare a superare delle paure.
Per capire l’esperimento del team di Monika Eckstein dellaUniversity of Bonn facciamo un passo indietro, ripercorrendo brevemente (e semplicemente) quel che fa il cervello quando incontra uno stimolo ansiogeno. Le emozioni, e in particolare la paura, vengono gestite a livello sel sistema nervoso centrale dall’amigdala. Quando ci si trova davanti a uno stimolo pauroso, a qualcosa che rappresenta una minaccia, questa zona del cervello si accende in modo particolare, segnalando la situazione di potenziale pericolo. Nel caso però la continua presentazione dello stimolo mostri in realtà l’assenza di pericolo, l’attività dell’amigdala si spegne, riducendosi grazie all’intervento inibitorio della corteccia prefrontale. Questo non accade nel caso in cui il pericolo sia reale o un soggetto, con disturbi d’ansia, lo percepisca comunque come tale, portando così alla formazione di una sorta di ricordi paurosi.
Eckstein e colleghi, partendo da questo, hanno cercato di capire se la somministrazione di ossitocina (fondamentale nelle relazioni sociali e nei rapporti intimi, come quello madre figlio) potesse avere un qualche ruolo nell’estinzione delle paure. Per farlo gli scienziati hanno prima sottoposto 62 uomini a riflesso condizionato (imparavano cioè ad associare una paura, quella di una piccola scossa elettrica, alle visioni di immagini neutre di case o persone per ripetuta associazione), e successivamente hanno somministrato ad alcuni ossitocina via intranasale ad altri solo un placebo.
Analizzando poi le loro risposte – comportamenti, come sudorazione, e imaging cerebrale – durante la fase di estinzione della paura (in cui lo stimolo che innescava la paura veniva mostrato ripetutamente senza le scosse elettriche fino a rimuovere il condizionamento), gli scienziati hanno trovato che l’ossitocina aiutava la terapia. In particolare i soggetti che l’avevano ricevuta sudavano meno e mostravano una maggiore attività nella corteccia prefrontale (la zona che regola anche l’attività dell’amigdala, tenendola a bada) nonché una minore risposta a livello dell’amigdala stessa.
Ma non c’è solo l’ossitocina. Altri ricercatori, come Raül Andero Galí della Emory University, ricorda Scientificamerican, si sono interessati a capire le basi genetiche degli stati d’ansia. È così emerso, per esempio, che molecole che mimano gli effetti di un composto (il brain-derived neurotrophic factor, Bdnf) o che bloccano l’azione di alcune vie metaboliche (come gli antagonisti di Tac2) aiutano a superare le paure condizionate e la formazione di memorie traumatiche.
Per questi approcci è ancora troppo presto per parlare di una reale utilità per l’essere umano, ma abbinare la somministrazione dell’ossitocina alle terapie standard per il trattamento dei disturbi d’ansia o dei disturbo post-traumatico da stress (PTSD) potrebbe essere un’opzione più realistica.
Via: Wired.it
Credits immagine: Ars Electronica/Flickr CC