Dallo strudel, il tipico dolce di mele austriaco, ai kanelbullar, le ciambelle svedesi; dal vin brûlé alla sangria. La cannella si trova in molte deliziose preparazioni tradizionali e oggi gli amanti di questa spezia potrebbero avere una scusa in più per consumarla: uno studio pubblicato su Journal of Neuroimmune Pharmacology correla l’assunzione di cannella con l’aumento della capacità di apprendimento e la memoria.
Per capire come sia possibile spiegare una correlazione simile è necessario fare qualche passo indietro. Nel nostro organismo, la cannella si trasforma in sodio benzoato e raggiunge l’ippocampo, una regione del cervello che genera e conserva la memoria. Lì sarebbe quindi in grado di aumentare la plasticità neuronale, sostengono i ricercatori.
I dati, ottenuti in vitro su neuroni in coltura dai ricercatori del Rush University Medical Center di Chicago, sono stati confermati nei topi attraverso un test chiamato labirinto di Barnes, utilizzato per valutare la memoria spaziale dei roditori. In seguito a somministrazione di cannella per trenta giorni consecutivi, gli animali che mostravano deficit di apprendimento aumentavano sensibilmente le loro performance nel labirinto. Al contrario, nessun effetto della spezia è stato riscontrato per gli animali con buone capacità iniziali. “Siamo riusciti ad usare la cannella per indurre cambiamenti biochimici, cellulari e anatomici sui neuroni degli animali poco performanti” afferma Kalipada Pahan, autore principale dello studio.
Ma come può la cannella avere un effetto così rilevante sull’attività cerebrale? Centrale, in questo processo, è la proteina CREB, coinvolta nell’apprendimento e nella plasticità neuronale: è meno abbondante negli animali con minori capacità, e aumenta sensibilmente in seguito ad esposizione a sodio benzoato.
La cannella, usata da secoli per aromatizzare i dolci, le caramelle e il cioccolato, è considerata sicura per la salute e il sodio benzoato è un farmaco già approvato per trattare le patologie epatiche. Ciò suggerisce che entrambe queste sostanze non causino effetti collaterali significativi, se usate in terapia. “Se confermato sull’essere umano, questo approccio sarebbe un modo semplice ed economico per migliorare le prestazioni degli studenti che hanno difficoltà ad imparare, rendendo più efficace l’educazione scolastica” sostiene Pahan.
È importante sottolineare che le quantità somministrate agli animali in questo studio sono difficilmente raggiungibili attraverso il solo consumo di cannella come additivo alimentare. La dose somministrata ai roditori, se rapportata all’essere umano, corrisponde infatti a circa tre grammi di cannella al giorno. L’equivalente, per intenderci, della quantità presente in una dozzina di ciambelle svedesi.
Riferimenti: Journal of Neuroimmune Pharmacology