Paolo Mazzoli (a cura di)
Capire si può. Educazione scientifica e matematica
Carocci Faber, 2005
pp.238, euro 18,60
La scuola è maestra di vita, almeno così gli insegnanti ripetono fin dalla scuola elementare. Significa che bambini e ragazzi nelle aule dove trascorrono gran parte della loro vita dovrebbero imparare a capire il mondo, a sentirsi parte di un sistema sociale, esterno a quello familiare, al quale ciascuno porta il proprio contributo. La scuola è formazione: dovrebbe insegnare, per prima cosa, a ragionare e aiutare sviluppare le capacità di ciascuno, infondendo la fiducia che capire è possibile e persino gratificante. Ma non di rado, a scuola come altrove, le aspettative teoriche lasciano delusi quando le parole calano nella pratica. Questo libro è l’esempio che un modello di scuola, diverso da quello tradizionale dove la cattedra è lo spartiacque tra chi parla e chi ascolta, è possibile. E preferibile. Il volume è il risultato di una selezione rielaborata dei materiali prodotti in alcune scuole dell’infanzia e elementari di Torino, Roma e Napoli che hanno partecipato dal 1998 al 2002 a un progetto pilota nazionale chiamato “Capire si può”, realizzato nell’ambito del progetto SeT, Scienza e Tecnologia, finanziato dal Ministero della Pubblica Istruzione. C’è un filo rosso che attraversa i vari contributi degli autori dei testi: un’idea di scuola e in particolare un’idea di educazione scientifica e matematica dove tutti, maestri e bambini, si mettono in gioco e sono protagonisti di un processo di crescita, che è bilaterale, aggiustabile, mai rigoroso, né statico o prestabilito. La classe è il teatro delle attività, dove si impara a discutere, a ragionare, a confrontare le proprie idee con quelle dei compagni in una continua costruzione e ricostruzione del sapere. Il maestro guida le fila di questo processo, ha il compito delicato di non imporre nozioni preconfezionate, ma stimolare le domande, i pensieri, la curiosità dei bambini. Le conoscenze, quindi, non scendono dall’alto, non vanno imposte e “prese per buone” a priori, ma prendono forma attraverso le esperienze didattiche. Le testimonianze riportate nel volume sono la prova che si può fare scienza anche nella scuola dell’infanzia, con bambini dai 3 ai 5 anni. D’altra parte, i più piccoli sono attenti osservatori e sono pieni di domande sul mondo che ci circonda. Il loro naturale impulso verso la conoscenza è capace di portare sorprese e soddisfazioni anche ai grandi. Nel libro si affronta, inoltre, lo scoglio più duro per i ragazzi: la matematica. Sono proposti diversi esempi di come, dalla prima alla quinta elementare, è possibile coniugare l’astrazione dei concetti di algebra, geometria e aritmetica, con la realtà quotidiana che ci circonda.“Capire si può” non è una guida per insegnanti. Tuttavia, nelle mani di un insegnante che si riconosce nell’approccio descritto, può diventare uno strumento per suggerire e ideare itinerari didattici. “Nella speranza che”, si legge nell’introduzione di Paolo Mazzoli, dirigente scolastico di Roma ed esperto di divulgazione scientifica, “le scuole pubbliche italiane imparino a imparare, così come vorrebbero che accadesse ai propri alunni”.Il testo fa parte della collana “Incontrate le scienze”, diretta da Maria Arcà, responsabile del progetto di ricerca del Cnr su “Educazione scientifica e ambientale”.