Oggi, 18 febbraio, è la Giornata mondiale della sindrome di Asperger. Manie di precisione, di ordine, comportamenti ripetitivi e iperattività: una sindrome che può rendere difficile l’interazione sociale. Ma chissà se è proprio grazie a queste ossessioni che Henry Cavendish riuscì, nel 1798, a misurare la costante di gravitazione universale, arrivando così a calcolare la densità media della Terra. “L’uomo che pesò il mondo” è lo spettacolo teatrale di Katia Capato e Joseph Scicluna che immerge lo spettatore nel laboratorio di Cavendish e mostra come lo scienziato, tra un comportamento ‘bizzarro’ e l’altro, ha applicato gli insegnamenti di chi lo ha preceduto per seguire la sua più grande fissazione: dare un peso a tutte le cose, perfino al globo.
Cavendish, più che timido
Cavendish era più che riservato e timido; conduceva da solo le sue ricerche perché aveva serie difficoltà a interagire con le persone. Fece costruire dei veri e propri corridoi, dei soppalchi, affinché potesse andare da una stanza all’altra della casa senza essere visto dalla servitù. Per questi comportamenti, uniti alla sua maniacale precisione e al senso dell’ordine, diversi storici ritengono che avesse la Sindrome di Asperger.
Nello spettacolo teatrale sarà infatti il suo maggiordomo, istrionico e dal forte accento inglese, l’unico di cui si fida Cavendish, a introdurre gli spettatori nel laboratorio dello scienziato. Sempre il maggiordomo lo convincerà poi, calmando e rassicurando lo scienziato, a uscire da dietro le quinte e presentarsi al pubblico. Sarà così lo stesso Cavendish a raccontare di come ha progettato e costruito quella particolare bilancia che gli ha permesso di riuscire nella sua impresa.
Sulle spalle dei giganti
Cavendish arriva a ideare quella bilancia perché ispirato dalle scoperte di altri colleghi: tutti giganti della scienza, ognuno “seduto sulle spalle” di chi lo ha preceduto, per arrivare sempre più in alto e portare il proprio contributo nella scalata alla conoscenza scientifica. Tutti, dal maggiordomo a Cavendish e colleghi, sono interpretati da Katia Capato che, agile come una cavalletta e intensa come uno dei migliori Arlecchino, indossa i panni dei diversi scienziati come guanti variopinti; salta da uno all’altro dando un corpo e una voce diversa a ciascuno di essi, mostrandone i tic e gli aspetti più buffi. Incontriamo così Keplero con i suoi problemi alla vescica; al quale segue Tycho Brahe, che a furia di essere additato come un cane dal resto della comunità scientifica invidiosa, si sente un vero segugio astuto e intuitivo; per poi conoscere Newton, un po’ spocchioso e supponente. Una giostra nella scienza e nei suoi protagonisti che non provoca alcun giramento di testa ma, anzi, alla fine se ne scende allegri e arricchiti.
In scena
“L’uomo che pesò il mondo” (da un’idea di Massimo Arattano e Albertina Gatti, consulenza scientifica Saperecapire, produzione di Nuove Cosmologie Teatro) è andato in scena il 13 e il 14 febbraio al Pacta di Milano, all’interno di ScienzaInScena Atto √2 – Festival di Teatro e Scienza. La prossima replica sarà a Trento, sabato 23 febbraio alle 20.45, al Teatro Sanbàpolis nel programma di Teatro della Meraviglia – Festival di Teatro Scienza.
Fotografia: @Elena Savino