Alla ricerca della prima pianta della storia. Si potrebbe intitolare così lo studio portato avanti da Dana Price, bioinformatico del Bhattacharya Laboratory, presso la Rutgers University, e pubblicato su Science. Price sta infatti cercando di ripercorrere, dal punto di vista genetico, uno degli eventi più affascinanti della storia della Terra, quello che ha dato origine alle piante verdi, tra 1,5 e 1 miliardo di anni fa.
Ormai gli studiosi sono certi che all’origine delle piante vi fu un mirabile evento di endosimbiosi: da una parte c’erano dei batteri fotosintetici, chiamati cianobatteri, in grado di catturare la luce del Sole e di trasformarla in energia, dall’altra le cellule eucariote (in cui il nucleo è circondato da una membrana, caratteristica non presente nei batteri); a un certo punto, una cellula inglobò un cianobatterio e lo trasformò in una piccola centrale solare interna, cioè quello che noi chiamiamo plastidio (un particolare tipo di plastidi sono i famosi cloroplasti, responsabili del colore verde delle piante e di certe alghe).
Il nuovo studio supporta proprio questa ipotesi e dà qualche informazione in più. Price e colleghi hanno pensato bene di studiare le glaucofite, un gruppo particolarmente primitivo di organismi eucarioti fotosintetici e che si ritiene siano i più simili alle prime cellule che “ingoiarono” dei cianobatteri.
Alle glaucofite appartengono solo di 13 specie e i ricercatori si sono concentrati su di una in particolare, Cyanophora paradoxa. Il genoma dei suoi plastidi è stato sequenziato e comparato a quello dei plastidi di alghe rosse e verdi e di piante vascolari terrestri. Come supposto, i risultati mostrano che i plastidi di C. paradoxa presentano caratteristiche primordiali, come i geni responsabili della fermentazione e della biosintesi di amido. In più, però, sono stati trovati anche geni simili a quelli di antichi batteri come la clamidia che aiuterebbero il trasporto nella cellula dei prodotti della fotosintesi e il loro utilizzo.
L’evento all’origine delle piante potrebbe essere stato, dunque, un concerto a tre: la cellula ospite, il cianobatterio e un batterio simile alla clamidia avrebbero cooperato, dando luogo al plastidio. Diversi geni individuati, però, potrebbero anche essere stati reclutati da altri organismi nel corso del tempo, sempre attraverso l’endosimbiosi (vedi Galileo, “Diatomee e alghe, cocktail di Dna”).
Il fenomeno potrebbe non aver interessato solo le alghe: circa 60 milioni di anni fa, infatti, anche una ameba, Paulinella, incorporò un cianobatterio e lo trasformò in un plastidio. Attualmente il suo genoma è allo studio sempre presso il Bhattacharya Laboratory della Rutgers University.
Riferimento: 10.1126/science.121420
Immagine: Glaucocisti, via Wikipedia