Questa volta non si tratta del solito appello per chiedere l’aumento dei finanziamenti alla ricerca. L’appello che hanno lanciato alcuni scienziati – sottoscrivibile sul sito del Sole 24 Ore dal 16 febbraio scorso – ha come obiettivo una legge ordinaria, uguale per tutti, che stabilisca criteri e modalità di valutazione dei progetti al momento dell’assegnazione dei fondi, attraverso un sistema collaudato e noto in tutto il mondo, quello della peer review. Una commissione di pari, valutatori, ricercatori accreditati nel campo specifico di quel progetto di ricerca, terzi al progetto, che ne sappiano pesare i contenuti e l’impostazione metodologica.
“L’appello si rivolge alle istituzioni, perché il tema della ricerca non sia né di destra, né di sinistra”, spiega Paolo Bianco, tra i promotori della lettera aperta al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e noto per la ricerca sulle cellule staminali del midollo osseo all’Università Sapienza di Roma. Tra gli altri promotori Ranieri Cancedda (Università di Genova), Elena Cattaneo (Università di Milano), Stefano Di Donato (Istituto Besta di Milano), Pier Manuccio Mannucci (Gruppo 2003 di Milano), Jacopo Meldolesi (Istituto San Raffaele di Milano) e Gianni Romeo (Università di Bologna).
“L’Italia non ha saputo valorizzare neanche questa esperienza”, lamenta Jacopo Meldolesi, neuroscienziato all’Istituto San Raffaele di Milano, che di ricerca e di valutazione dei progetti ne sa qualcosa, vantando numerose attività in questo ambito a livello internazionale. “Negli ultimi anni, oltre alla fuga dei cervelli dall’Italia si è verificata anche quella dei valutatori”. La terza, ma non ultima questione in ordine di importanza, è quella della centralizzazione dei finanziamenti, in ambito di ricerca medico-scientifica, in un’unica agenzia nazionale. A oggi, infatti, gli oneri di erogare finanziamenti alla ricerca spettano al Ministero della Salute, a quello dell’Istruzione Università e Ricerca ma anche alle singole regioni. I criteri, dunque, rischiano di essere diversi così come i requisiti di qualità richiesti. “L’uniformità”, conferma Paolo Bianco, “è un requisito imprescindibile di qualità, che da solo potrebbe già contribuire a migliorare anche un’altra carenza cronica italiana, quella dei finanziamenti, che restano una quota molto bassa del Pil nazionale”.
A queste indicazioni e richieste, molto precise, contenute nell’appello, Paolo Bianco aggiunge due ulteriori considerazioni sulle cause di questo ritardo organizzativo, un deficit culturale diffuso e una incompetenza della classe politica: “L’Italia, da sempre, non considera la scienza come cultura e forse anche la nostra classe politica potrebbe non essere all’altezza del compito”. La Spagna, invece ce l’ha fatta. Pur priva di un pensiero empirista, ha tuttavia recuperato terreno e sviluppato il tessuto culturale e scientifico, ma Bianco insiste su di un punto: “Anche se l’Italia avesse una politica più liberale in tema di ricerca scientifica, che ci avvicinasse per esempio a quella della Gran Bretagna, senza un sistema basato sulla valutazione che utilizzi la peer review non si arriverebbe da nessuna parte”.