di Stefano Canali
L’adolescenza è una fase di transizione complessa e che presenta un evidente paradosso rispetto alle statistiche sulla morbilità e la mortalità. Questo periodo è caratterizzato da un rapido incremento delle capacità fisiche e mentali. Gli adolescenti superano gran parte delle tipiche fragilità fisiche dell’infanzia e sono distanti dall’avvio dei processi di senescenza che si innescano col raggiungimento dell’età adulta.
Rispetto ai bambini, gli adolescenti sono più grandi, più forti, hanno funzioni emotive e cognitive più complesse, un sistema immunitario più competente e maturo, maggiori capacità di resistere agli stressor fisici come caldo, freddo, fatica, lesioni, infezioni e agli stressor psicologici.
In quasi tutti i domini funzionali misurabili, l’adolescenza è un’età di sviluppo della forza e della resilienza[1]. Tuttavia, a dispetto di questo straordinario progresso funzionale, durante l’adolescenza il tasso medio di morbilità e mortalità si impenna del 200%. Durante l’adolescenza, cioè, il rischio di ammalarsi e di morire si raddoppia. I rischi sanitari dell’adolescenza non sono il risultato di una maggiore incidenza relative di malattie gravi e disabilitanti come il cancro, le patologie cardiovascolari o infettive.
L’elevata morbilità e mortalità degli adolescenti è dovuta all’elevato tasso di incidenti, suicidio, violenza, alla maggiore frequenza dei comportamenti rischiosi, patogeni e intemperanti che caratterizza questa fase della vita. Vale a dire, in sostanza, che la rischiosità dell’adolescenza dipende soprattutto dalla difficoltà di regolare il comportamento, di controllare le emozioni e le azioni impulsive, è legata cioè a un insufficiente autocontrollo. Ciò spiega, più specificatamente e rispetto ai diversi determinanti di questa rischiosità, la relative prominenza che hanno gli atti di violenza, la ricerca del rischio e l’uso di sostanze psicoattive, soprattutto tra gli adolescenti maschi.
Se il tasso medio di morbilità e mortalità si raddoppia dall’infanzia all’adolescenza, a livello mondiale, il rischio di morte degli adolescenti per incidenti, ferite, omicidi è almeno quattro volte quello che corre un adulto, con punte eccezionali di gravità in Sudamerica, Africa[2].
La ricerca del rischio, la spericolatezza e l’impulsività degli adolescenti rappresenta un altro dei paradossi di questa età. Come è possibile infatti che gli adolescenti siano meno avveduti e ragionevoli dei bambini pur avendo capacità cognitive e decisionali molto più complesse e articolate? Soprattutto nella tarda adolescenza, la comprensione cognitiva delle conseguenze dei propri comportamenti è praticamente pari a quella degli adulti. A dispetto di questo gli adolescenti cedono frequentemente ai comportamenti rischiosi, alla deriva emotiva ed impulsiva.
L’impulsività dell’adolescenza potrebbe garantire dei vantaggi adattativi
Secondo talune interpretazioni di tipo evoluzionistico, la tendenza all’impulsività e alla ricerca di sensazioni forti e del pericolo, caratteristica negli adolescenti, potrebbe rappresentare un compromesso genetico. Questo tratto comportamentale è certamente associato a rischi maggiori per la salute e la sopravvivenza ma sarebbe anche in grado di garantire vantaggi adattivi per l’individuo e la specie[3]. Con la maturazione sessuale è infatti necessario abbandonare la sicurezza del nucleo familiare e nei primi gruppi umani addirittura si veniva spesso costretti a lasciare il villaggio, la comunità natale: assumere comportamenti rischiosi, ma indispensabili alla sopravvivenza della specie umana e alla sua diffusione.
I comportamenti esplorativi, la ricerca del rischio e l’impulsività sono caratteristiche prevalenti nei maschi. Nelle passate fasi dell’evoluzione umana e come generalmente accade nei Mammiferi, sono stati tipicamente i giovani maschi a ingaggiare la lotta e la competizione riproduttiva. È possibile che gli individui impulsivi abbiano qualche vantaggio nella selezione sessuale e ciò può avere favorito l’imporsi di questo tratto comportamentale nell’adolescenza e sino a oltre venti anni per l’uomo, che è appunto il periodo in cui la capacità riproduttiva matura e raggiunge il suo massimo.
I diversi ritmi di neurosviluppo dei sistemi cerebrali in adolescenza
Alcuni degli aspetti paradossali del comportamento degli adolescenti sono espressione dei processi di maturazione del sistema nervoso, dei differenti tassi di maturazioni caratteristici dei vari sistemi funzionali, in particolare del differenziale di velocità di sviluppo tra centri cerebrali che mediano i processi emotivi/impulsivi e sistemi cerebrali alla base dei processi cognitivi e del controllo volontario del comportamento[4].
La maturazione postnatale del cervello si realizza soprattutto con lo sfoltimento dei circuiti neuronali, estremamente ridondanti alla nascita, con processi di fisiologica morte cellulare e pruning, cioè potatura delle sinapsi, le microstrutture di contiguità tra neuroni dove avviene la trasmissione dei segnali nervosi.
In generale si può dire che la corteccia cerebrale va incontro a una diminuzione della materia grigia durante l’infanzia e l’adolescenza per un processo di precisazione e sfrondamento dei circuiti neuronali. Per una sorta di processo di selezione naturale, vengono eliminate le sinapsi e i neuroni non utilizzati e in questo modo la conduzione dei segnali nervosi all’interno dei sistemi funzionali diviene più precisa, veloce ed efficiente. La selezione e la potatura delle sinapsi è uno dei meccanismi con cui il cervello modifica se stesso sulla base degli stimoli ambientali, degli stessi comportamenti e delle esperienze di un individuo[5].
Le diverse parti del cervello umano hanno differenti ritmi di sviluppo durante la crescita e quindi giungono a maturazione strutturale e funzionale in diversi momenti della vita di un individuo. Lo sviluppo del sistema nervoso centrale sembra ripercorrere la sua storia evolutiva: le tappe contraddistinte dall’emergere dei tre cervelli nei Vertebrati. Così, maturano ovviamente per primi i sistemi cerebrali preposti al controllo dei parametri vitali e dei riflessi, racchiuse nel tronco cerebrale e nella base del cervello, il cervello dei Rettili. Intorno a questo, come nella storia evolutiva, e già durante la prima infanzia e pienamente durante l’adolescenza, si sviluppano e maturano le strutture profonde, impulsive, del cervello emotivo: il cervello dei primi Mammiferi. A loro volta, intorno a questi apparati, avvolgendoli, giungono poi a maturazione i centri e le vie della corteccia che controllano e codificano cognitivamente le percezioni e i movimenti volontari.
Le aree funzionali che maturano per ultime, soltanto intorno ai venti anni di età e oltre, sono quelle della corteccia prefrontale[6]. Queste aree svolgono una funzione centrale nella elaborazione del comportamento adattativo e nel controllo cognitivo degli impulsi. Sono soprattutto deputate alla regolazione delle emozioni, alla valutazione degli effetti del comportamento, alle decisioni. Le aree della corteccia prefrontale rendono possibile la pianificazione di obiettivi e azioni a lungo termine e l’inibizione della tendenza a mettere in atto i comportamenti, anche pericolosi, associati a un’emozione, in particolare quelli potenzialmente associati a un piacere immediato.
Fasi della potatura selettiva delle sinapsi e impulsività
Molti studi di neuroimmagine dimostrano eloquentemente questa caratteristica dello sviluppo del cervello, che va tenuta in gran conto all’interno dei contesti educativi, nelle politiche sulle sostanze, nella prevenzione delle dipendenze rivolta agli adolescenti. Ad esempio, l’importante studio di Nitin Gogtay[7] e collaboratori condotto su un campione di soggetti da 5 a 25 anni ha chiarito che dai 10 ai 20 anni la corteccia prefrontale perde circa 60% delle sinapsi eccitatorie; mentre nella stessa regione dai 15 e soprattutto da 20 agli oltre 25 anni matura più del 90% delle sinapsi inibitorie, quelle attraverso cui soprattutto si realizza il controllo cognitivo del comportamento. Questa evidenza illustra in modo esemplare le ragionali neurobiologiche dell’impulsività dei ragazzi. Il cervello degli adolescenti si trova ad avere un freno, la corteccia prefrontale, ancora in fase di costruzione. Al contrario, purtroppo, analoghi studi di neuroimmagine dimostrano che le parti del cervello profondo che mediano emozioni come la rabbia, l’aggressività o la ricerca del piacere, il piacere del rischio, come rispettivamente l’amigdala e il nucleus accumbens, maturano prima[8] e hanno una più elevata attività e reattività nei ragazzi rispetto agli adulti[9].
In sostanza, dunque, gli adolescenti si trovano a condurre una macchina emotiva molto più veloce e potente di quella che guidano gli adulti con un impianto frenante molto più piccolo e con pezzi non completamente assemblati. Ciò spiega alcuni degli aspetti peculiari del comportamento in questa età, come l’elevata reattività emozionale, l’impulsività, la sottovalutazione dei rischi, la ricerca del piacere a breve termine e la vulnerabilità alle sostanze psicoattive.
L’ipersensibilità verso il piacere e le ricompense come opportunità
Ora, l’immaturità dei controlli cognitivi e l’ipersensibilità per le ricompense costituiscono una specifica vulnerabilità in adolescenza verso i comportamenti rischiosi, tuttavia, questi due tratti problematici, soprattutto la sensibilità per le ricompense, possono rappresentare una potente leva per agire sullo sviluppo delle capacità di controllo del comportamento. Numerosi studi hanno infatti dimostrato che negli adolescenti, in misura maggiore rispetto ai bambini e agli adulti, è possibile ottenere una importante crescita delle funzioni cognitive, incluso l’autocontrollo, se una ricompensa viene associata in maniera contingente alla esecuzione di queste funzioni[10]. Gli studi di neuroimmagine dimostrano che l’utilizzo di ricompense durante compiti cognitivi e di controllo del comportamento negli adolescenti – in misura molto più marcata che negli adulti -, aumenta l’attività dei sistemi della ricompensa e contemporaneamente l’attività dei centri cerebrali che mediano l’autocontrollo e le funzioni esecutive[11].
In tal senso, nei contesti educativi e sociali, l’uso intelligente del piacere e delle ricompense può prevenire la ricerca del piacere artificiale offerto dalle sostanze e dagli altri comportamenti che tanto mettono a rischio la salute e anche la vita degli adolescenti. Allo stesso modo, cosa ancora più importante, l’uso intelligente del piacere e delle ricompense nei contesti educativi e sociali può promuovere la capacità di controllo e di regolazione del rapporto con le sostanze stesse. E sullo sviluppo di questa capacità nei ragazzi bisognerebbe investire e lavorare, piuttosto che inseguire in via prioritaria se non talora esclusiva l’ideale della distanza dalle sostanze psicoattive, del rifiuto all’uso, considerato che la totalità degli individui prova almeno una di queste sostanze, legali o illegali, durante l’adolescenza. Va ricordato a questo proposito il ruolo che può avere lo sport e in generale l’esercizio fisico, come fonte di piacere a basso costo, capace di garantire non solo l’attivazione del sistema di ricompensa cerebrale, ma anche lo sviluppo delle funzioni cognitive, esecutive e l’attivo coinvolgimento in relazioni sociali coi pari al di fuori del più rigido contesto scolastico: in grado di offrire cioè proprio l’insieme degli elementi che più concorrono a determinare le capacità adattative e di autoregolazione di un individuo.
Per approfondimenti su questo tema si può consultare il sito Psicoattivo, da cui è tratto l’articolo qui pubblicato.
Foto By THOR (Parkour Foundation Winter) [CC BY 2.0], via Wikimedia Commons