Le api sono portate per la matematica, così tanto che riescono a svolgere operazioni complesse come addizioni e sottrazioni. Basta che studino un po’. Un team di ricercatori che arrivano da Francia e Australia ha infatti dimostrato come questi piccoli insetti possano essere addestrati ad associare i colori ad operazioni di addizione e sottrazione, e a usare quanto appreso per svolgere piccoli compiti di matematica. La scoperta del cervello matematico delle api, pubblicata su di Science Advances, mostra che non sempre nel regno animale serve un grande cervello per avere il potere di ragionare con i numeri.
Il cervello matematico delle api
Gli scienziati da tempo si interrogano su quanto sia diffusa tra gli animali la capacità non solo di stimare quantità, quanto proprio di fare delle operazioni e contare. Alcuni studi sembrano suggerire per esempio che non si tratti di un’abilità così rara: ce l’hanno gli oranghi, gli scimpanzé, i piccioni, ma anche bambini piccolissimi e ragni. E le api, modello per eccellenza negli insetti per la visione e la cognizione? Possono discriminare persino lo zero, avere una nozione di cosa è più grande e più piccolo, svolgere compiti complessi, possibile, si son chiesti i ricercatori, che il loro cervello matematico fosse tutto qui?
Gli scienziati, guidati da Scarlett Howard della RMIT University di Melbourne (Australia), hanno messo in piedi una serie di esperimenti per capire se davvero le api possedessero un cervello matematico. La logica è stata quella prima di insegnare loro cosa fosse un’addizione e una sottrazione (premiando gli animali in caso di risposta corretta con soluzioni zuccherine e punendoli con soluzioni amare in caso contrario) e poi di testare le loro abilità in un compito in classe in piena regola. In pratica dopo una fase di addestramento le api erano chiamate a misurarsi in un compito simile ma mai svolto prima per capire quanto effettivamente avessero appreso.
Le api possono fare addizioni e sottrazioni
Le due fasi degli esperimenti – allenamento e test – hanno coinvolto l’utilizzo di uno strumento a forma di Y. I ricercatori hanno allenato le api ad associare il blu a operazioni di addizione e il giallo a quelle di sottrazione: in base al numero di forme (o gialle o blu) mostrate all’ingresso della Y le api potevano muoversi verso uno dei due bracci, cui erano associati risultati diversi (uno giusto e uno sbagliato). In altre parole: se all’ingresso della Y c’erano 4 forme blu, l’azione corretta sarebbe stata muoversi verso il braccio con 5 forme blu (il blu significava aggiungere 1); se all’ingresso le api avessero trovato 4 forme gialle si sarebbero dovute indirizzare verso il braccio con 3 forme gialle. Dopo questa fase di training (ripetuta un centinaio di volte) gli insetti venivano testati mostrando loro 3 forme (mai fatto prima durante l’allenamento), di aspetto diverso. Nei 4 test effettuati i ricercatori hanno osservato che in una percentuale variabile dal 60 al 75% le api sceglievano la risposta corretta, anche quando non avevamo mai visto 3 forme. In sostanza avevamo cioè imparato le basi aritmetiche, e le sfruttavano in un contesto simile ma diverso.
Ma a che serve tutta questa matematica?
Pur trattandosi di pochi test, in poche api (14), lo studio suggerisce che un cervello matematico possa svilupparsi anche in strutture cerebrali in miniatura, e molto distanti, evolutivamente parlando, da quelli dei primati. Le abilità di memoria a breve e lungo termine necessarie a svolgere le operazioni aritmetiche in natura servirebbero alle api a capire come indirizzare il loro comportamento nella ricerca di cibo. E a ricordare magari su quale fiore è meglio posarsi.
Riferimenti: Science Advances