Sebbene spesso le mire di astronomi e astrofisici si spingano sempre più lontano dalla Terra, all’interno del nostro Sistema Solare sono ancora presenti misteri che gli scienziati stanno solo adesso iniziando a risolvere. Uno studio su Nature aiuta oggi a far luce almeno su uno. Indagando sulle forti correnti che interessano Urano e Nettuno, un team di ricercatori ha infatti scoperto che questi fenomeni avvengono solo nelle porzioni più esterne delle loro atmosfere, dove sono relegate a una zona relativamente sottile. La scoperta è importante anche per far luce sul clima, sulla struttura interna e sulla composizione dei pianeti.
Le osservazioni effettuate dalla sonda Voyager 2 negli anni Ottanta avevano mostrato che le circolazioni atmosferiche nei pianeti più esterni del Sistema Solare sono dominate da venti molto forti (fino a 450 metri al secondo, contro i 100 metri al secondo che si hanno al massimo sulla Terra), che si muovono da est verso ovest, e la cui sorgente di energia è ancora sconosciuta. Fino ad oggi, erano due le tesi per spiegare l’esistenza di queste correnti così intense: il primo suggeriva che i flussi fossero causati da processi atmosferici poco profondi vicino alla superficie; il secondo invece ipotizzava che queste dinamiche coinvolgessero fortemente anche l’interno dei pianeti.
Per cercare di far luce sul fenomeno, il team di ricercatori, guidato da Yohai Kaspi del Weizmann Institute of Science, ha studiato con attenzione le variazioni dei campi gravitazionali dei due pianeti – influenzati a loro volta dai pattern di circolazione atmosferica – osservando piccole accelerazioni e decelerazioni nella traiettoria di una sonda (la Voyager 2) che transita vicino al pianeta. Adottare metodi indiretti è fondamentale in questo tipo di studi: è infatti impossibile osservare direttamente la parte più interna dei pianeti, nascosta da densi strati di nuvole che rendono molto difficile effettuare misure al di sotto degli strati più esterni delle loro atmosfere.
Grazie alle misure effettuate dalla navicella quindi, i ricercatori sono stati in grado di determinare che solo dei venti confinati fermamente nei 1000 chilometri più esterni del raggio delle atmosfere possono essere compatibili con i dati riportati, e che lo strato in cui si verificano i fenomeni metereologici di entrambi è molto sottile (relativamente sottile, visto che l’atmosfera terrestre, per confronto, si espande solo per circa 100 chilometri).
Ma cosa può dirci questo risultato per i ‘cugini maggiori’ di Nettuno e Urano, Saturno e Giove? Anch’essi infatti sono caratterizzati da venti molto forti, ma in questo caso le correnti variano in modo molto più evidente con la latitudine. Secondo i ricercatori, questo implica che solo misure più sensibili e accurate, come quelle che saranno effettuate dalla missione Juno, lanciata nel 2011, potranno fornire informazioni a riguardo.
Riferimenti: Nature doi: 10.1038/nature12131
Credits immagine: Nasa