I soldati russi avrebbero scavato trincee nella Foresta rossa, l’area più contaminata del mondo dopo il disastro del 1986, e avrebbero poi trasportato, con le scarpe e le divise, particelle di terriccio e polvere radioattive all’interno della centrale nucleare di Chernobyl, in Ucraina. È questa una delle ipotesi avanzate per spiegare il livello di radiazioni più alto del normale registrato, appunto, a Chernobyl dopo l’invasione della Russia e la presa dell’impianto da parte dell’esercito di Mosca. Ora, però, arriva un’altra possibile spiegazione: l’aumento delle radiazioni potrebbe essere dovuto solamente a un disturbo di natura elettrica, e più precisamente a un’interferenza tra i sensori di radiazioni wireless e le apparecchiature militari.
A sostenere che questa sia l’ipotesi più plausibile è un nuovo studio, pubblicato sul sito pre-print Arxiv da un team di ricerca della University of Salford, nel Regno Unito, che attraverso calcoli e stime è giunto alla conclusione che il livello delle radiazioni oltre la norma appena registrato non sarebbe da imputare al rimaneggiamento del suolo. Ipotesi peraltro sempre riportata anche dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Iaea), in contatto con le autorità ucraina per conoscere la situazione delle centrali nucleari ucraine, specie quelle finite sotto il controllo russo: Chernobyl e Zaporižžja.
Dall’Enea un drone per le emergenze radiologiche e nucleari
Come raccontato nei giorni scorsi da Cnn e altri media internazionali, funzionari ucraini hanno dichiarato che il livello delle radiazioni nella stanza in cui hanno vissuto i militari russi sarebbe stato più alte rispetto a quelle che l’Associazione nucleare mondiale descrive come naturali: il contatto una tantum non sarebbe pericoloso, mentre l’esposizione continua rappresenterebbe un pericolo per la salute. E secondo fonti ucraine, questo aumento sarebbe dovuto principalmente al fatto che i militari hanno operato nelle aree contaminate per un lungo periodo di tempo. “È pazzesco, davvero – ha commentato alla Cnn il ministro dell’Energia ucraino German Galushchenko -. Non ho idea del perché l’abbiano fatto [andare nella Foresta Rossa, ndr]. Ma possiamo vedere che i soldati sono entrati lì, sono poi tornati e il livello di radiazioni è aumentato”.
Comunicazioni interrotte
Secondo il nuovo studio, invece, ciò che potrebbe potenzialmente spiegare questi picchi di radiazioni sarebbe l’interruzione della ricezione dei segnali wireless della rete Crms da parte della stazione base di Chernobyl. Si tratta, più precisamente, di un sistema di 67 sensori, noto come Sistema di monitoraggio completo delle radiazioni e di allerta precoce (Crms l’acronimo inglese) e installato nella centrale e nei dintorni di Chernobyl, che comunica in modalità wireless con una stazione base.
Analizzando alcuni dati del sistema di monitoraggio, secondo il team guidato da Mike Wood, il modello dei picchi di radiazioni non indicherebbe un convoglio di veicoli militari in movimento poiché non è riconducibile a un percorso particolare. I ricercatori, inoltre, si sono anche domandati se il materiale radioattivo nel terreno sia tale da poter causare questi picchi e hanno concluso che non può esserlo. “Non credo sia possibile che sia stata la polvere generata a seguito del movimento dei veicoli militari – commenta Wood – Ipotizziamo che la causa potrebbe avere a che fare con le frequenze elettromagnetiche utilizzate dai militari, dell’esercito russo o ucraino, che hanno interferito effettivamente con la ricezione dei dati”.
Esiste una vecchia rete di 28 sensori di radiazioni a Chernobyl (nota come Sistema di monitoraggio automatizzato), collegati fisicamente (e non tramite wireless, come la Crms) alla stazione base. A confermare l’idea di una interferenza wireless, secondo Wood, è il fatto che molti di questi sensori sono rimasti operativi e le loro letture non hanno mostrato le stesse tendenze, o meglio gli stessi picchi di radiazioni. Tuttavia, secondo alcuni esperti, la teoria della polvere contaminata non dovrebbe essere scartata, anche perché verificare definitivamente qualsiasi spiegazione e dare risposte concrete è impossibile dato che le apparecchiature sarebbero state saccheggiate durante il ritiro delle forze russe il 31 marzo scorso. “Lo studio presenta un valido argomento scientifico – spiega al New Scientist Bruno Merk dell’Università di Liverpool -. Ma mancano i dati e non c’è modo di verificare direttamente i risultati a causa della situazione in Ucraina“.
Il problema della ricezione dei dati è urgente. Lo stesso direttore della Iaea, Rafael Mariano Grossi, nel suo ultimo aggiornamento sulla situazione della centrale di Chernobyl rileva che “L’Agenzia non sta ricevendo i dati dal sistema di monitoraggio installato nella centrale di Chernobyl, ma questi dati sono stati trasferiti al quartier generale della Iaea da altre centrali in Ucraina”. Grossi ha sempre precisato che la continuità di trasmissione dei dati è fondamentale per monitorare correttamente la situazione, così come la rotazione del personale, avvenuta a Chernobyl per la prima volta nello scorso fine settimana.
Via: Wired.it
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