La paura è una delle emozioni principali dell’essere umano, ma i suoi meccanismi di funzionamento celano ancora molti misteri. Se chiedessimo a una dozzina di persone quali siano le loro più grandi paure, d’altronde, otterremmo probabilmente altrettante risposte diverse. E questa variabilità, e la complessità del cervello umano, rendono la paura – e l’ansia, sua stretta parente – difficili da studiare. Per trovare nuovi indizi sui meccanismi che regolano i due fenomeni, un team di ricercatori del Salk Institute di La Jolla, in California, si sono serviti di un’improbabile creatura: un piccolo verme nematode. Il loro studio, pubblicato su Nature Communication, ha analizzato le risposte di alcuni vermi in presenza di sostanze chimiche secrete dai loro naturali predatori, analizzando quindi alcuni percorsi molecolari che si attivano quando questi animali sperimentano la paura. Il team ha così individuato una rudimentale risposta simile alla paura che evidenzia parallelismi con l’ansia degli umani.
Il verme oggetto dell’indagine è il microscopico Caenorhabditis elegans, un animale molto semplice che possiede solamente 302 neuroni. Il suo predatore naturale è un altro verme, il Pristionchus pacificus. Ed è utilizzando alcune sostanze chimiche secrete da questo secondo verme che i ricercatori hanno scoperto che il C. elegans manifesta reazioni simili alla paura, invertendo subita la direzione di marcia.
Ad attivare la reazione di paura del verme sarebbe una classe di molecole – chiamate sulfolipidi (sulfolipids) – prodotta dal suo predatore quando inizia dei comportamenti di caccia, che nello studio sono risultate capaci di attivare quattro circuiti cerebrali collegati a tale comportamento. Inoltre, il C. elegans ha mostrato un comportamento alterato anche in seguito alla rimozione delle sostanze chimiche che stimolavano la reazione di paura. In modo simile a quanto avviene nei topi che manifestano reazioni di paura alla percezione dell’odore dell’urina del gatto, anche se il felino non è nei paraggi.
“Per anni abbiamo pensato che solo cervelli più evoluti come quelli dei mammiferi avessero reazioni complesse – afferma Sreekanth Chalasani, autore dello studio e professore al Salk’s Molecular Neurobiology Laboratory – ma adesso il nostro studio dimostra che animali molto semplici manifestano qualcosa molto vicina alla paura”.
Immergendo il C. Elegans in una soluzione contenente un farmaco ansiolitico per uso umano (lo Zoloft), le manifestazioni di ansia e paura in presenza di sulfolipidi non sono state osservate. E questo suggerisce che alcuni dei meccanismi che inducono ansia e paura in queste creature così primitive devono essersi preservati anche durante l’evoluzione dei mammiferi. “Le nostre scoperte suggeriscono che sensazioni di ansia e paura sono antiche e sono comparse prima di quanto eravamo abituati a pensare – afferma Chalasani – i percorsi molecolari, i neuroni, i circuiti neurali e i geni che saremo capaci di individuare nei vermi potrebbero aiutarci a capire meglio questi processi anche negli esseri umani”.
Inoltre, comprendere quali sostanze chimiche tengono lontani i vermi nematodi può aiutare nello sviluppo di nuovi tipi di pesticidi non tossici e, sebbene il verme C. elegans – oggetto dello studio – non è patogeno, altri vermi nematodi possono recare severi danni alle coltivazioni.
Riferimenti: Nature Communications