Ciao Romeo: la scienza, il giornalismo e l’ironia

Se non c’è titolo, non c’è notizia. La prima lezione che un aspirante giornalista doveva imparare da Romeo Bassoli era la più semplice ma anche la più vera. E i suoi titoli, quando si lavorava insieme nel primo esperimento di agenzia di giornalismo scientifico in Italia, erano come lui: spiritosi e intelligenti. Romeo giocava con le parole, rielaborava i luoghi comuni dando loro un senso nuovo, storpiava nomi e cognomi mescolando arguzia e affetto. Ma diventava serio, appassionato, competente quando si parlava di scienza, e del modo migliore per raccontarla.

Al racconto della scienza, quello giornalistico, con titoli e dunque con notizie, Romeo ha dato un contributo dal quale nessuno di noi può prescindere. Non solo facendolo in prima persona sulle pagine dell’Unità, ma insegnandoci a farlo. Mostrandoci il lato più artigianale, più umile e meno blasonato  di questo mestiere, e dunque anche il più vero: fatto di attenzione ai dettagli, di precisione, di curiosità per le cose del mondo, di rispetto del lettore. Se non l’hai capito tu, diceva quando sbuffavamo davanti ad argomenti complicati, non potrai mai spiegarlo agli altri. Era la lezione numero due, e aveva tremendamente ragione. Ce ne accorgiamo tutti i giorni, quando facciamo Galileo. Perché c’è un pezzo importante di Romeo anche qui, in questo giornale, che lui ha fondato con tanti di noi, tanto tempo fa.

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