Questa mattina Napoli si è bruscamente svegliata da un sogno durato oltre vent’anni: quando ha aperto gli occhi, all’alba, la Città della Scienza era sparita. Un incendio, divampato nella notte, ha distrutto infatti il polo scientifico-museale partenopeo, orgoglio della città e luogo centrale di un progetto di bonifica e di riconversione del territorio che vedeva nell’innovazione e nella ricerca i motori di un nuovo sviluppo sociale ed economico. L’iniziativa era nata verso la fine degli anni ’80 da un’idea di Vittorio Silvestrini, oggi presidente della fondazione Idis-Città della Scienza, e si era sviluppata negli anni fino all’apertura del Science Center nel 2001, completato nel 2003 con l’inaugurazione di un Centro Congressi, del Centro di Alta Formazione e del Business Innovation Centre. Città della Scienza è diventata in questi anni anche un modello europeo di science centre: nel 2005 è stato premiato come migliore museo scientifico europeo, nel 2006 Silvestrini ha vinto il premio europeo Descartes per la comunicazione scientifica, tanto per citare alcuni dei riconoscimenti.
“Era un progetto fondamentale”, spiega Pietro Greco, giornalista scientifico e membro del Cda della fondazione Idis-Città della Scienza: “in primo luogo perché qui la comunicazione della scienza veniva utilizzata per promuovere una reale ‘cittadinanza scientifica’, fondamentale in un mondo sempre più basato sulla conoscenza. La Città della Scienza inoltre, si era posta l’obiettivo di formare imprese che modificassero il vecchio modello di sviluppo economico e industriale, in favore di uno sviluppo sostenibile fondato sul progresso scientifico”.
La sede scelta non era quindi casuale: la vecchia acciaieria dell’Italsider nel quartiere Bagnoli, un simbolo del ‘900 industriale che aveva visto nella Città della Scienza la prima opportunità concreta di rilancio, grazie ad una struttura che, con oltre 350.000 visitatori l’anno, rappresentava uno dei maggiori fattori di attrazione turistica di Napoli. Dei quattro padiglioni, che ospitavano il più grande museo Hands on d’Italia, un centro congressi e un incubatore d’impresa, ne rimane in piedi solo uno, sede del teatro. “L’incendio in qualche modo è il simbolo di un paese che non sa riconoscere l’importanza di uno sviluppo e di un’economia che si basano sull’innovazione e sulla scienza”, continua Greco. “È un modello che si è imposto in tutte le economie avanzate, ma che in Italia stenta ancora a prendere piede. Il quartiere Bagnoli ne è un esempio: in vent’anni qui non è nato altro che la città della Scienza”.
In molti, come il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, sospettano dietro al rogo una regia criminale, ma non è ancora chiaro quale mano potrebbe aver appiccato il fuoco, e perché. L’incendio non ha provocato feriti, ma ha distrutto completamente l’intero patrimonio custodito nella struttura, mettendo a rischio il lavoro degli oltre 160 dipendenti del polo scientifico, molti dei quali si sono raccolti stamattina di fronte alle ceneri ancora fumanti, chiedendo rassicurazioni sul loro futuro. “Ho parlato proprio ora con Silvestrini, e la parola d’ordine è già: iniziamo la ricostruzione”, conclude Greco: “la volontà e l’entusiasmo quindi ci sono tutti, ma bisognerà vedere se ci sarà il sostegno delle istituzioni, un sostegno che, in realtà, negli ultimi anni è mancato completamente”.
Per contribuire alla ricostruzione di Città della Scienza è disponibile il conto corrente, intestato a Fondazione Idis Città della Scienza – IBAN IT41X0101003497100000003256 – causale Ricostruire Città della Scienza.