Anche se i resti dell’uomo di Altamura rimangono calcificati tra le stalattiti e le stalagmiti della grotta pugliese di Lamalunga, la tecnologia e l’arte sono state in grado di ridargli “vita”, svelandoci come doveva apparire: 1 metro e 65 cm di statura, un naso molto grande, la fronte sporgente e il cranio allungato con tanto di barba e capelli.
Il progetto di ricostruzione, promosso dal Comune di Altamura e gestito con la collaborazione della Soprintendenza Archeologica della Puglia si è avvalso della collaborazione del paleoantropologo Giorgio Manzi dell’Università Sapienza di Roma e del prof. Davide Caramelli dell’Università di Firenze che dal 1993 coordinano le ricerche sul misterioso scheletro incastonato nella roccia.
Per giungere alla riproduzione dell’aspetto dell’uomo di Altamura, i ricercatori hanno raccolto dati per circa 5-6 anni utilizzando una tecnica di scansione laser per la parte anteriore del cranio, che è visibile anche all’interno della grotta, mentre per la parte posteriore e basale hanno utilizzato una tecnica di fotogrammetria aiutandosi con bracci meccanici a causa dell’impervio posizionamento dei resti. Dopodiché i dati sono stati “montati” in laboratorio ottenendo un’immagine quasi completa del cranio.
Nel 2009, invece, gli studiosi erano riusciti a rimuovere un frammento di osso da una scapola per effettuare il test del dna, il quale aveva confermato l’appartenenza genetica dell’uomo di Altamura al Neanderthal, collocandolo in un periodo compreso tra i 172.000 e i 130.000 anni fa. Grazie a tutti questi dati, i paleoartisti olandesi Adrie e Alfons Kennis, già noti per aver partecipato alla realizzazione della riproduzione della mummia Oetzi, si sono messi al lavoro per alcuni mesi sino ad arrivare allo strabiliante risultato presentato ad Altamura. Tuttavia, nonostante l’ottimo risultato raggiunto, il prof. Manzi spiega che gli studi continueranno ancora perché lo scheletro dell’uomo fossile ha ancora molto da rivelare.
Per una beffarda ironia del destino, a poche ore dalla presentazione del volto dell’uomo di Altamura è scomparso l’antropologo e scienziato Vittorio Pesce Delfino, protagonista di 15 anni di ricerche e studi sullo scheletro fossile, docente di antropologia all’Università di Bari e specialista in anatomia e istologia patologica. Molto famoso per il suo saggio E l’uomo creò la Sindone (al cui interno argomenta scientificamente di come il sudario di Cristo in realtà sia un falso medievale) nonché ideatore – sempre a riguardo dell’uomo preistorico – del progetto Sarastro che doveva permettere, grazie a una serie di telecamere hi-tech, di esplorare la grotta con i resti dell’uomo. Il progetto non fu mai completato a causa di lungaggini burocratiche.