Chiara Lalli
C’è chi dice no. Dalla leva all’aborto
Come cambia l’obiezione di coscienza
Il Saggiatore 2011, pp. 233, euro 19,00
Il libro di Chiara Lalli cominciamo ad apprezzarlo già dall’introduzione. E il fatto è abbastanza singolare, visto che nella maggior parte dei saggi che ci capita di leggere le pagine che precedono il testo vero e proprio costituiscono di solito un capitolo a parte, facilmente estrapolabile dall’intero volume. In questo caso non è così. L’introduzione contiene passaggi cruciali per la comprensione di quello che si leggerà dopo e, quindi, invitiamo a leggerla con attenzione. Perché è nelle righe iniziali del suo importante saggio che l’autrice chiarisce un principio fondamentale: tutti quei comportamenti che comunemente giustifichiamo come frutto di “obiezione di coscienza” dovrebbero essere definiti in altro modo. Quando è la legge stessa a consentire una scelta alternativa dovremmo parlare piuttosto di «libertà, opzione, facoltà».
Il medico che si rifiuta di fare aborti e il ragazzo che non vuole imbracciare le armi non sono veri obiettori, spiega Chiara Lalli, perché il loro “dire no” è lecito, previsto dalle norme in vigore e non prevede alcuna sanzione. I veri obiettori sono altri. Sono i ragazzi che, prima dell’introduzione del servizio civile, non si presentavano alla leva e rischiavano il carcere. Perché hanno agito come Antigone trasgredendo a una legge che ritenevano ingiusta, consapevoli delle conseguenze a cui sarebbero andati incontro.
E’ infatti la protagonista della tragedia di Sofocle a indicarci ancora oggi la differenza tra chi viola una norma perché la propria coscienza suggerisce che sia la cosa giusta da fare e preferisce venire punito piuttosto che tradire i propri valori etici e chi, tra due o più opzioni previste, sceglie quella che ritiene più in sintonia con la propria morale personale, senza rischiare nulla e, anzi, in alcuni casi ottenendo anche vantaggi. Come accade con la legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza: «l’obiettore non ha oneri compensativi: anzi, chi obietta all’interruzione volontaria di gravidanza spesso ottiene riconoscimenti e approvazione». Come si è arrivati a questa situazione?
Chiara Lalli racconta in modo puntuale il percorso del riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza nel nostro paese, quel graduale “addomesticamento” che ha trasformato un comportamento fuorilegge in una legittima scelta, con la paradossale conseguenza che adesso l’eccezione, a volte, viene tutelata più della regola. Succede quando il ricorso all’obiezione di coscienza viene usato «senza troppi complimenti, come un ariete per contrapporsi a diritti individuali sanciti dalla legge». C’è infatti un altro elemento che secondo Chiara Lalli stona con l’originale significato di obiezione di coscienza: nella moderna veste “ufficializzata”, consacrata dalla legge 194, l’obiezione di coscienza prevede la contrapposizione tra due individui e due coscienze.
Cosa che non dovrebbe accadere se di “vera” obiezione si trattasse. «La libertà di scelta altrui non è minacciata dall’obiettore genuino, se non in un senso debole per cui ogni nostra azione riguarda anche gli altri». Nella tragedia di Sofocle la partita si gioca tra Antigone, decisa a rischiare la morte pur di seppellire il cadavere del fratello Polinice, e il re di Tebe Creonte che aveva vietato di farlo. L’individuo e le sue convinzioni da un lato, le istituzioni e le leggi dall’altro. Niente a che vedere con lo scontro tra due scelte individuali, tra il medico che non vuole fare aborti e la donna che richiede un servizio previsto dalla legge. Dobbiamo ringraziare Chiara Lalli per averci spiegato tanto bene questa fondamentale differenza.
Si è verificato nel corso degli anni quell’”addomesticamento” che ha portato oggi ad un netto ribaltamento: mentre prima l’obiezione era considerata fuorilegge, adesso consente una facilitazione di carriera professionale. Al contrario, chi non obietta è giudicato, denigrato, osteggiato nell’ambito lavorativo, per non parlare di chi sceglie di interrompere la gravidanza. È vergognoso, dunque, che non solo gli obiettori abbiano molte più tutele rispetto a chi non obietta, ma che essi, invece di scontrarsi con le istituzioni, lo facciano con chi, nel pieno rispetto della legge, non condivide le loro scelte, ma pretende solo che vengano rispettati i propri diritti. Non è stato semplice arrivare alla Legge 194, frutto di tante battaglie a cui L’AIED ha partecipato in prima fila e questa legge non può essere ignorata. Lo affermiamo da anni e continueremo a mantenere alta l’attenzione su questo tema.
AIED – Associazione Italiana per l’Educazione Demografica