Come cambierà la politica spaziale statunitense con il prossimo presidente?

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Sono anni di fermento per l’esplorazione Spaziale. La Nasa è impegnata a organizzare il ritorno degli esseri umani sulla Luna. Musk promette di inviare la prima astronave su Marte entro due anni, seguita a stretto giro dai primi astronauti. La Cina continua a macinare successi, e sembra intenzionata a replicare la corsa a due allo spazio vista ai tempi della guerra fredda, imponendosi come principale contendente spaziale degli Stati Uniti. E nel frattempo, gli usa sono impegnati in una delle campagne elettorali più accese e divisive della loro storia. I risultati saranno decisi in pochi giorni, e tra le tante incognite della vigilia c’è anche la politica spaziale che deciderà di adottare il nuovo presidente degli Stati Uniti. Certezze è difficile averne, ovviamente, ma qualche indizio non manca.

La campagna per le presidenziali

La politica spaziale americana non è stato tra i temi più discussi nel corso di questa campagna elettorale. E anche nei programmi dei due candidati, lo spazio non trova poi tanto spazio, oltre ad affermazioni genetiche sul supporto al programma Artemis, alle missioni previste sulla Stazione spaziale internazionale, all’innovazione scientifica e tecnologica e al settore privato.


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A detta degli esperti, è normale che i candidati delle presidenziali americane non scendano troppo nei dettagli riguardo alla loro politica spaziale durante la campagna elettorale, perché è un settore costoso, in cui non ci sono garanzie di riuscire a intestarsi qualche successo memorabile. Ed è quindi considerato un argomento che porta più problemi che altro. In questo caso, però, i due candidati hanno un che di inusuale: entrambi, infatti, sono già stati nello studio ovaleTrump come presidente e Harris come vicepresidente, ed è quindi possibile fare qualche pronostico, basandosi sulle politiche seguite in passato quando si sono trovati al posto di comando. È quello che fa ad esempio l’esperto di affari internazionali e politiche spaziali Thomas Robeerts, del Georgia Institute of Technology, in un’analisi pubblicata su The Conversation. Vediamo i suoi pronostici.

Trump e la Luna

La presidenza Trump è considerata una delle più attive degli ultimi decenni in campo spaziale. E l’ex presidente se ne è spesso vantato, anche a sproposito (appropriandosi in diversi casi di traguardi dovuti al lavoro di chi lo aveva preceduto alla Casa Bianca). Trump ha decretato ad esempio la nascita della U.S. Space Force, la branca delle forze armate statunitensi responsabile delle operazioni spaziali, del lancio di satelliti militari e della loro gestione. E ha riportato in vita il National Space Council, creato a suo tempo da Bush senior, per sovrintendere le politiche spaziali americane direttamente dall’ufficio presidenziale.

Nell’era Trump, la politica spaziale americana è stata dedicata principalmente agli aspetti bellici, aggiornando le direttive del paese per preparare il campo all’importanza crescente dei satelliti e delle tecnologie orbitali in ambito militare. Centrale è stato anche il tema dell’industria spaziale privata, che è diventata un elemento cardine delle operazioni della Nasa. E quello del monitoraggio degli oggetti potenzialmente pericolosi in orbita.

Harris su Marte

Nonostante le preoccupazioni di inizio mandato, Biden e la sua vicepresidente hanno lavorato in continuità con la presidenza Trump in campo spaziale, portando avanti le iniziative già programmate. Anche a causa di un periodo estremamente complicato sul piano internazionale, Biden e Harris non hanno avuto modo di fare molto altro sul fronte dello spazio. Harris comunque si è trovata a dirigere il National Space Council, una posizione che spetta al vicepresidente, e in questo ruolo ha lavorato ad alcuni delle più importanti trattative che si sono svolte a livello internazionale.

Come ricorda Roberts, ha guidato ad esempio gli Stati Uniti ad annunciare la messa al bando di test militari che possano produrre residui pericolosi in orbita terrestre (e quindi allo sviluppo di armi terrestri per la distruzione dei satelliti). Ha promosso iniziative per lo sviluppo di tecnologie spaziali per la lotta ai cambiamenti climatici. Ha fatto passare nuove policy per garantire inclusione e diversità nella forza lavoro spaziale. E ha creato la National Cislunar Science & Technology Strategy, linee guida federali che puntano a promuovere l’esplorazione responsabile, pacifica e sostenibile dello spazio cislunare.

Tra gli esperti di politiche spaziali americane sembra ci sia un detto: “I repubblicani puntano alla Luna, i democratici su Marte, per sottolineare come il partito di Trump abbia a cuore l’esplorazione lunare per questioni di prestigio, mentre Harris potrebbe concentrare l’attenzione sul pianeta rosso e su temi ambientali. Per scoprire se andrà così, non resta che attendere i risultati delle prossime elezioni, e le decisioni che prenderà nei primi mesi di attività il prossimo presidente degli Stati Uniti.

via Wired.it

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