Come sarebbe, se si mostrasse alla nostra vista, la materia oscura, per definizione – e già dal suo nome – invisibile all’occhio umano? A chiederselo oggi è un gruppo dell‘Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics negli Stati Uniti. Attraverso simulazioni al computer, il team ha mostrato come apparirebbero gli “aloni” di materia oscura, ammassi di varie dimensioni di questo materiale (ancora sconosciuto) che costituiscono la trama dell’universo. I risultati con la riproduzione degli sono pubblicati su Nature.
La materia oscura
La materia visibile, ordinaria, rappresenta solo il 4% di tutta la materia che compone l’universo. Il resto è materia oscura e energia oscura, due componenti essenziali del cosmo – almeno secondo le teorie – ma la cui composizione è ancora sconosciuta. Misteriosa e sfuggente, la materia oscura tiene insieme le galassie, è invisibile e non emette radiazione. Pertanto può essere rilevata solo in maniera indiretta, dagli effetti gravitazionali su altri corpi celesti noti, ovvero da anomalie spiegabili soltanto con la presenza di una massa differente, non visibile. La prima prova della sua esistenza deriva dall’analisi dei movimenti delle galassie negli ammassi ed è poi stata confermata dalle osservazioni della radiazione cosmica di fondo.
Studiare gli “aloni”
La materia oscura è soggetta soltanto alle interazioni gravitazionali e grazie a queste interazioni si assembra e si organizza in strutture definite dagli scienziati con il nome di “aloni”. Questi aloni possono essere pensati come grandi pozzi di gravità pieni di particelle di materia oscura, secondo Sownak Bose, uno dei conduttori della ricerca. “Immaginiamo che ciascuna galassia sia circondata da un’estesa distribuzione di materia oscura, in quantità maggiore, rispetto alla materia luminosa, di un fattore compreso fra 10 e 100, a seconda del tipo di galassia. Visto che questa materia oscura circonda ogni galassia in tutte le direzioni, la chiamiamo alone“.
Le simulazioni degli “aloni”
Ora gli scienziati sono andati a studiare proprio questi aloni. Non potendo farlo in maniera diretta, hanno svolto simulazioni al computer con modelli basati sulle conoscenze note e sull’osservazione indiretta. Dalla ricerca è emerso che gli aloni possono avere varie estensioni e che ne esistono di tutte le dimensioni. Ci sono aloni piccoli, grandi quanto un pianeta, e aloni giganteschi, che si trovano intorno a intere galassie. L’obiettivo dello studio era comprenderne meglio la struttura, rendendola in qualche modo visibile, almeno a livello virtuale. Gli scienziati hanno potuto rilevare – e documentare con immagini virtuali – che l’architettura di questi aloni appare simile e ripetuta. La struttura è ramificata e al centro è molto densa (ci sono delle forme simili a grovigli) mentre all’esterno gli aloni sono più diffusi e meno compatti. Qui sotto l’immagine della ricostruzione.
Come rendere visibili gli aloni
Secondo gli scienziati questo materiale potrebbe essere costituito da particelle, fra cui alcune candidate, ancora ipotetiche, sono le WIMP (Weakly Interacting Massive Particle), che interagiscono debolmente con la materia, ragione per cui sarebbero finora sfuggite alle osservazioni. Le attuali teorie suggeriscono che quando le particelle collidono fra loro vicino al centro dell’alone producono potenti esplosioni di raggi gamma. Questi lampi potrebbero essere rilevati da telescopi e altri strumenti opportuni.
La simulazione di oggi può aiutare a studiare meglio la materia oscura e nel caso della presenza di nuovi segnali – come questi raggi non spiegabili con altre sorgenti – comprendere meglio la loro origine. “Dalle conoscenze ottenute con questa simulazione”, sottolinea il coautore Jie Wang, astronomo all’osservatorio astronomico nazionale della Cina, “possiamo valutare numerosi vari strumenti per rilevare gli aloni – telescopi a raggi gamma, il lensing gravitazionale, studi sulla dinamica. Questi metodi sono tutti promettenti nell’ambito della ricerca sulla natura delle particelle di materia oscura”.
Senza non saremmo esistiti
L’obiettivo ultimo è comprendere meglio com’è fatto il cosmo. “Attraverso le simulazioni al computer”, sottolinea Bose, “abbiamo cominciato a conoscere il ruolo fondamentale della materia oscura nella formazione della struttura dell’Universo”. Che senza non sarebbe stato come invece appare. “Non ci sarebbero state galassie, stelle, pianeti”, aggiunge il ricercatore, “dunque non ci sarebbe stata la vita. Questo perché la materia oscura agisce come la struttura scheletrica invisibile che tiene insieme l’Universo visibile che ci circonda”.
Riferimenti: Nature
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