Un elegante giglio bianco, della varietà asiatica Casablanca, campeggia sulla home page della Harvard’s School of Engeneering and Applied Sciences (SEAS). Non è un omaggio alla primavera ma il lavoro di due scienziati che hanno compreso il meccanismo che permette al fiore di sbocciare.
L. Mahadaven, professore di Biologia ad Harvard, impegnato da tempo a carpire i segreti della natura con all’attivo uno studio sul movimento dei serpenti e sull’abilità masticatoria delle piante carnivore, ha coinvolto il suo ex allievo Hiyi Liang, ora professore all’Università di Hefei in Cina, nell’analisi delle forze che spingono i petali del giglio ad aprirsi e ripiegarsi come una cascata verso l’esterno.
I due scienziati hanno ripreso con una telecamera al rallentatore per quattro giorni e mezzo e immortalato con uno scatto fotografico ogni minuto un bocciolo di Lilium Casablanca (vedi qui il video). Lo scopo era individuare quale processo facesse scattare la fioritura e in quale parte della pianta si trovi il “pulsante di accensione”. I risultati, ottenuti anche grazie a un modello matematico, e pubblicati questa settimana su Pnas contraddicono le due teorie fino a oggi date per buone: la spinta ad aprirsi non viene dalla venatura centrale dei petali, come si pensava, né da una differenza tra la crescita della parte esterna dei petali rispetto a quella interna.
A dare il “via libera” alla fioritura sono i margini dei petali che crescendo rapidamente e increspandosi, generano uno stress interno al bocciolo che lo costringe ad aprirsi. Ciò che veniva attribuito alla parte centrale del petalo è in realtà opera della periferia.
La scoperta potrebbe avere applicazioni pratiche, dicono i firmatari dello studio: film sottili, materiale elastici, sensori e dispositivi che mimano la fioritura del giglio.
Riferimenti: Pnas doi:10.1073/pnas.1007808108