Ci ha fatto scrivere, discutere, emozionare. Ma fino alla scorsa settimana il testamento biologico rimaneva un concetto teorico, ancora non più di una legge pubblicata in gazzetta ufficiale. Ora le cose sono cambiate: con la vicenda di Patrizia Cocco, prima italiana che ha potuto scegliere per legge (e non sulla spinta di una sentenza di tribunale) di rifiutare il trattamento sanitario, la legge sul fine vita è diventata finalmente una realtà concreta. Un diritto con cui tutti possiamo, e dobbiamo, misurarci. Ma per poter sfruttare al pieno l’opportunità che ci offre bisogna conoscerne i meccanismi, il gergo e la logica. E, soprattutto, bisogna attrezzarsi per tempo. Ecco una guida pratica al biotestamento, realizzata a partire dalle indicazioni dell’Associazione Luca Coscioni, da sempre in prima fila nella battaglia per la legge sul fine vita.
Cosa sono Dat e biotestamento
Per iniziare è bene distinguere i due termini, connessi ma distinti, al centro della legge entrata in vigore lo scorso 31 gennaio. Il diritto riconosciuto dalla norma è infatti quello di stilare delle Dichiarazioni Anticipate di volontà nei Trattamenti sanitari (o Dat appunto). Di esprimere cioè in anticipo le proprie preferenze riguardo ai trattamenti sanitari a cui si ritiene lecito essere sottoposti, e quali invece non si vuole ricevere.
Per farlo bisogna stilare un biotestamento, un documento che farà fede nel caso in cui non fossimo in grado di dare indicazioni sulle nostre scelte attraverso il consenso informato. Si tratta di un diritto garantito ora per legge a tutti i maggiorenni, che siano in grado di intendere e di volere al momento della stesura del documento.
Come si fa un testamento biologico?
Il documento può prendere diverse forme: può essere un testo scritto di proprio pugno, un modello precompilato (come quello messo a disposizione dall’Associazione Luca Coscioni), o anche una videoregistrazione o un altro tipo di comunicazione in caso di persone con disabilità. Si tratta di un documento esente da tasse, bolli o altre forme di tributo, che può essere modificato o revocato in qualsiasi momento.
Una volta redatto, il biotestamente va autenticato. È possibile trasformarlo in un atto pubblico notarile, in una scrittura privata autenticata dal notaio o da un funzionario pubblico designato dal proprio Comune, o in una scrittura privata semplice, consegnandolo personalmente all’ufficio dello Stato civile del Comune di residenza. O ancora, dove previsto, può essere consegnato e autenticato rivolgendosi direttamente alle strutture sanitarie.
Cosa scrivere nel testamento biologico
A prescindere dalla forma che assumerà, il biotestamento deve contenere alcune informazioni chiave. Per iniziare, ovviamente, i nostri dati anagrafici. A seguire, si possono indicare le proprie preferenze in tema di consenso informato: se si vuole essere informati del proprio stato di salute, o se si preferisce che vengano informate una o più persone di fiducia (da indicare nel documento). Completata questa fase, è il momento di entrare nello specifico: indicare quali interventi medici si accettano e quali di rifiutano.
La legge parla genericamente del diritto di rifiutare “qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario indicato dal medico per la sua patologia o singoli atti del trattamento stesso”.
Si possono quindi formulare disposizioni generiche, indicando ad esempio il rifiuto alla rianimazione, o al ricorso a trattamenti che produrrebbero il mantenimento di uno stato di incoscienza permanente, demenza avanzata, paralisi totale che impedisce ogni forma di comunicazione. O andare nel particolare, indicando quali interventi medici si accettano e si rifiutano, e in quali circostanze: voglio/non voglio che mi sia praticata la respirazione meccanica in caso di arresto cardio/respiratorio. In questo senso, è bene ricordare che la nuova legge considera anche nutrizione e idratazione artificiale come interventi sanitari a cui si può dare o meno il proprio consenso.
La legge prevede inoltre che prima di stilare il testamento lo scrivente acquisisca adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle proprie scelte, ed è possibile allegare la sottoscrizione del medico che dichiari che lo scrivente ha ricevuto e compreso le informazioni necessarie. È possibile infine allegare le proprie disposizioni post mortem: dove si desidera morire (a casa, in ospedale o altrove), come si desidera che sia trattata la salma, come andranno svolte le esequie, ecc…
Chi sono i fiduciari
Nella legge è contenuta inoltre la possibilità di indicare un fiduciario, una scelta auspicata dal legislatore, ma non obbligatoria (in caso di necessità un giudice tutelare può procedere alla nomina di un amministratore di sostegno). Ma di cosa si tratta? Il fiduciario è fondamentalmente una persona maggiorenne a cui, nel caso in cui non si sia più in grado di intendere e di volere, si affida la responsabilità di interpretare le proprie Dat, in particolare nel caso in cui esistano nuove possibilità terapeutiche o nuove conoscenze e prospettive mediche emerse in seguito alla stesura del testamento, che possano mettere ragionevolmente in dubbio le scelte espresse nel documento. Il ruolo di fiduciario deve essere accettato dalla persona scelta (ovviamente) e questa deve quindi sottoscrivere il testamento biologico e ne dovrà conservare una copia.
E per chi ha scritto il testamento biologico prima della legge?
L’articolo 6 della legge riconosce la validità di alcune, ma non di tutte, le disposizioni anteriori alla sua entrata in vigore, nonostante siano state redatte in un periodo di vuoto normativo. Per aiutare chi ha steso il suo testamento biologico prima del 31 gennaio di quest’anno, il Consiglio notarile di Milano ha diffuso alcune semplici indicazioni. Può evitare di predisporre un nuovo documento chi, avendo redatto il vecchio dopo aver acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte:
– l’ha depositato presso il Comune di residenza (si badi bene, il documento vero e proprio, e non la notizia della sua esistenza come avveniva in molti registri comunali che non ritiravano il documento in originale);
– l’ha depositato presso un notaio (e quindi, sempre si badi bene, non ha ritirato dal notaio l’originale ma solo una copia – e ciò risulta dal documento che è restato in possesso del disponente).
Le Dat autenticate durante eventi di sensibilizzazione o altre manifestazioni a favore della nuova legge – sottolineano i notai milanesi – venivano restituite in originale e quindi non rientrano tra quelle da considerarsi valide. E allo stesso modo, chiunque sia in possesso dell’originale del documento deve preoccuparsi di stilarlo di nuovo, perché evidentemente non lo ha depositato presso il Comune di residenza o il notaio come disposto dalla legge.
via Wired.it