Chi non è mai stato preso da un attacco di ansia di fronte ad una situazione complicata e inaspettata? Ebbene, chi lo ha sperimentato sa che controllare queste sensazioni non è sempre semplice, e che avere a disposizione un sistema per superare quei momenti critici potrebbe rivelarsi utile. Ora, in un nuovo studio pubblicato sulla rivista Neuron, i ricercatori della Columbia University di New York hanno identificato la regione dell’ippocampo che controlla l’ansia nella zona ventrale del giro dentato, un’area del cervello importante per le funzioni mnemoniche e i comportamenti emotivi, aprendo la strada allo sviluppo di nuovi farmaci anti-ansia.
Era noto da tempo che il giro dentato, una regione dell’ippocampo localizzata nella zona temporale del cervello, è coinvolto sia nei processi di apprendimento e memoria sia nella generazione del senso di ansia. “Ciò che non era chiaro”, spiega Rene Hen, responsabile dello studio: “era come una singola struttura potesse avere funzioni diverse e quali tipi cellulari fossero coinvolti”.
Per capire il ruolo del giro dentato in questi processi, i ricercatori hanno generato topi in cui le cellule granulari del giro dentato producevano opsine, ossia proteine di origine batterica (di tipo eccitatorio o inibitorio) che formano dei canali sensibili alla luce nella membrana dei neuroni. Accendendo e spegnendo selettivamente le opsine attraverso la luce, gli studiosi hanno analizzato il comportamento degli animali quando specifiche regioni del giro dentato erano stimolate o inibite.
Nei loro esperimenti i topi sono stati sottoposti ad una serie di test comportamentali e di apprendimento tra cui l’Epm test (elevated plus maze test o test del labirinto a croce elevato) e il fear conditioning test. Nel primo, i topi venivano posti al centro di un apparato a forma di croce con due bracci aperti e due bracci chiusi e lasciati liberi di muoversi. Una videocamera registrava la frequenza e la durata delle visite nei bracci del labirinto. Normalmente i topolini non stimolati tendono a esplorare l’ambiente circostante ma evitano gli spazi aperti, per cui la permanenza nei bracci aperti dà una misura del livello di ansia. Nel test del fear conditioning, invece, gli animali erano allenati a riconoscere uno stimolo associato a una sensazione dolorosa, un debole shock elettrico, e imparavano a evitarlo stando fermi. La durata del tempo in cui gli animali rimanevano immobili era indicativa della capacità di ricordare l’informazione.
“Ciò che è venuto fuori”, afferma Mazen Kheirbek, primo autore dello studio: “è che la zona dorsale del giro dentato era responsabile dei processi di apprendimento e quella ventrale era coinvolta nella regolazione dello stress e dell’ansia”. Infatti, attivando le cellule dorsali aumentava l’istinto a esplorare nuovi ambienti ma gli animali erano meno capaci di imparare. Viceversa accendendo i neuroni ventrali, i topolini erano molto meno ansiosi ma le loro abilità mnemoniche non erano affette. E gli effetti erano completamente reversibili, ossia eliminando la stimolazione luminosa, i topi tornavano ad assumere comportamenti normali.
Secondo Hen, questi risultati potrebbero avere importanti implicazioni terapeutiche per il trattamento dei pazienti affetti da disturbi del comportamento, quali ansia, attacchi di panico e disturbi post-traumatici da stress. “Aver individuato i neuroni che sono specificamente coinvolti nella generazione del senso di ansia e panico, potrebbe favorire lo sviluppo di farmaci specifici che agiscono su queste cellule senza influenzare negativamente le altre funzioni del giro dentato responsabili dei processi di apprendimento e memoria. E questo permetterebbe di trattare in maniera più efficace i pazienti senza limitarne le capacità cognitive, uno dei maggiori effetti collaterali dei trattamenti attualmente disponibili”.
Riferimenti: Neuron Doi: 10.1016/j.neuron.2012.12.038
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